Il Blog di Livia Turco

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Il ritorno dell’ulivista Livia Turco

9 Dicembre, 2022 (10:52) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco su L’Identità di Edoardo Sirignano - 9 dicembre 2022

 Il 25 settembre muore il campo progressista?

C’è un popolo che lo ha nell’anima ed è alla ricerca di un’efficace formazione politica che lo rappresenti. La sinistra non sono i gruppi dirigenti, ma i circoli e chi sabato prossimo sarà in piazza. Stiamo parlando di chi, nonostante disillusioni, sofferenze, ha ancora voglia di combattere. Ora, però, questa gente deve avere un’identità.

Qualcuno dice che l’interlocutore naturale è il M5S. È d’accordo?

Ciò che mi sta a cuore adesso non è Conte o Calenda. Entrambi fanno opposizione al Pd e non alla destra. Devono decidere chi è il loro nemico: chi combatte il reddito di inserimento o le persone con cui hanno governato. Il tema è ricostruire la sinistra, compresi legami sociali e territoriali. Detto ciò, è normale, che guardando i contenuti, mi ritrovo con chi difende il reddito di cittadinanza.

È stata tra chi ha promosso l’Ulivo. Cosa è rimasto di quella storia?

È stata una grande stagione di partecipazione one, che nulla ha a che a che vedere con le attuali correnti. È stato tradito un sogno.

Bertinotti dice che bisogna sciogliere il Pd. È d’accordo?

Non riesco a considerarlo autorevole. Non dimenticherò mai la caduta del governo Prodi per un voto. La storia sarebbe stata diversa se non ci fosse stato. Non riesco a ritenere degne di nota le valutazioni di chi ha commesso un errore.

Dopo cosa è successo?

Il Pd è nato male, sulla base di una fusione a freddo tra gruppi dirigenti. I dem sono altro, parola di militante. Stiamo parlando di persone che credono a un progetto e che, pur venendo da storie politiche differenti, sono presenti sui territori. Da qui bisogna ripartire. Altra aspetto da tenere in considerazione, poi, la generazione che non proviene né dai Ds, né dalla Margherita.


Cosa ne pensa della candidatura della Schlein?

La sosterrò. In una sinistra maschilista occore un colpo di reni. Quanto ha detto sabato, sono cose di sinistra. Non mi sembra la tipa che vada a trattare con le correnti. Sono invenzioni giornalistiche. Le illazioni su Franceschini sono la dimostrazione di un Paese malato. La moglie ha una sua storia. Una donna ha il diritto di avere un’autonomia, anche se è moglie di?

Quali sono gli errori commessi da chi è stato al vertice del Nazareno?

Il renzismo è stato un disastro perché ha sancito la subalternità del Pd alla cultura neoliberista, al populismo. Scegliere Marchionne anziché i sindacati è l’errore. Altro problema l’ipertrofia dell’io. L’artefice di questo processo ha un nome e cognome: Matteo Renzi.

Cosa bisogna fare in questo momento?

Rispettare il percorso congressuale.

È possibile la svolta a sinistra, auspicata da molti?

Il Pd deve ritrovare la radice di sinistra. Deve liberarsi o meglio ancora decidere da che parte stare, chi vuole rappresentare. Il coraggio delle scelte è la svolta. I dem dovrebbero stare dalla parte delle diverse forme di precariato, dell’eguale dignità della vita. Le disuguaglianze, oggi, sono reddito, diritti sociali, welfare. La sinistra è tale se sostiene che lo sviluppo si basi su beni comuni: salute, scuola, lotta alla povertà.

Il partito del lavoro potrebbe essere la strada?

Occorre una scelta netta. Se c’è lavoro, c’è accesso all’istruzione, benessere. A ciò occorre affiancare altri diritti sociali, che consentono una vita dignitosa per tutti. Non basta un nome a un partito. La priorità è che, in modo visibile, ci sia un cambiamento. Non servono proposte e analisi in Parlamento, ma frequentare i luoghi della società, guardare in faccia alle persone. Il dramma del progressismo odierno è aver dimenticato un aspetto peculiare della sua storia. Sono cresciuta con il motto, imparato nella mia 44esima sezione del Pc di Borgo San Paolo, per cui bisogna sapere tutto del quartiere in cui vivi. Altrimenti sarà impossibile recuperare la credibilità persa.

Considerando la sua esperienza al ministero della Salute, sono aumentati i problemi della sanità?

Sono molto preoccupata, a partire dal tema del personale. Quando quest’ultimo non trova più conveniente stare nel pubblico, c’è una conseguenza. Se si tornerà, poi, a un 6 per cento della spesa sul Pil, non si può stare tranquilli. Mi aspettavo una mobilitazione su questo tema. La salute, come il Covid ci ha insegnato, è un diritto individuale, un bene comune.

Cosa ne pensa della destra al governo, guidata da Meloni?

Non è cambiato nulla. Le politiche della destra sono sempre le stesse. Viene alimentata l’evasione fiscale, così viene destrutturato il reddito di cittadinanza. Con il governo Prodi, nel 1996, abbiamo introdotto il reddito minimo di inserimento.

Alle madri di Scampia, dicemmo mandate i figli a scuola e vi diamo un sussidio. Stesso discorso a Reggio Calabria. Siamo un Paese che ha una memoria corta. La relazione di Chiara Saraceno, che conservo come reliquia, contiene un dibattito che oggi sarebbe stato utile. Gentiloni dopo venti anni l’ha ripristinata. Destrutturarla, come intende fare la Meloni, è un errore. Vada a parlare con gli assistenti sociali, nei centri Caritas.

La politica del «noi» delle donne del Pci

11 Luglio, 2022 (12:13) | Documenti | Da: Redazione

I nomi e i cognomi, spesso, si dimenticano o sbiadiscono sovrastati dai grandi processi storici. Eppure, dietro alla nascita del Pci e alla lotta antifascista, nella Resistenza e nella costruzione della Repubblica, a sostegno della modernizzazione della famiglia e della società c’erano i nomi e i cognomi di tante donne alle quali Livia Turco, nel suo “Compagne”, restituisce visibilità e importanza. Un libro necessario, con l’anno del centenario del Pci appena alle spalle, in cui sono stati pubblicati tanti volumi su diversi aspetti e implicazioni della storia dell’ultimo secolo, ma non pagine adeguate sulla componente femminile.

Con Camilla Ravera e Teresa Noce, Rita Montagnana ed Elettra Pollastrini, Adele Bei e Gisella Floreanini, Nilde Iotti e Marisa Rodano, Adriana Seroni e Giglia Tedesco, Lalla Trupia e le molte altre figure incisive e lungimiranti rievocate in questo lavoro, si ripercorre la vita politica e sociale del Paese, e non è un caso che questa operazione di recupero della memoria arrivi da chi, a quella stagione, a un certo punto ha preso parte da autorevole protagonista.

Non si può cominciare che da Camilla Ravera, attiva sin dagli albori: ricordare il suo apporto alla lotta antifascista, la stima che Gramsci - il quale la volle nella redazione dell’«Ordine nuovo» - nutre per lei, il suo coraggio nell’opporsi al patto Ribbentrop-Molotov, la condanna al carcere e il riconoscimento di Pertini che la nomina senatrice a vita, vuol dire rifiutarsi di arrendersi all’oblio. Lo stesso oblio cui vanno sottratte le militanti che fuori dai confini italiani rischiano la vita portando informazioni e materiale di propaganda nel territorio dominato dai fascisti: sono i cosiddetti “fenicotteri rosa”, e anche grazie alla loro attività clandestina non si spense l’azione di contrasto alla dittatura che, dopo il delitto Matteotti e le leggi fascistissime, diviene asfissiante.

Si capisce, dunque, quanto fossero strutturate, esperte e motivate le esponenti del partito all’interno dei Gruppi di difesa della donna, l’organizzazione nata nell’autunno del ’43 per combattere il nazi-fascismo, e che comprende tutte le formazioni del Comitato di liberazione nazionale coinvolgendo 70mila donne. Poco tempo dopo nasce l’Unione donne italiane (Udi), fortemente voluta da Montagnana e a lungo presieduta da Maria Maddalena Rossi, mentre le conferenze nazionali scandiranno il tempo del cambiamento della condizione femminile.

Livia Turco (classe 1955, parlamentare dal 1987 al 2013 e ministra nei governi dell’Ulivo) sottolinea la dimensione della comunità, la capacità di aggregazione, di saper creare “un popolo” di tutte le militanti. Caratteristiche, queste, che animano in primis le elette all’Assemblea Costituente: sono nove e a ciascuna è dedicato uno spazio che ne fa emergere la personalità e le vicende biografiche.

Vite da film, punteggiate da momenti drammatici come l’esilio, i campi di concentramento, il carcere, il confino. Nei lavori dell’Assemblea difendono con tenacia le loro idee, ma senza arroccarsi su posizioni che avrebbero pregiudicato la conquista dei loro obiettivi, ricercando anzi un punto d’incontro con le colleghe democristiane e socialiste. Negli anni seguenti sono in prima linea per tradurre i principi costituzionali in leggi che li rendano concreti (è del ’50 un vero e proprio pilastro legislativo, quello sulla maternità, la cui prima artefice è Teresa Noce).

Eliana De Caro (Il Sole 24 ore)

Rileggere Enrico Berlinguer

23 Maggio, 2022 (10:28) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

“Il tempo, grande scultore”, di Marguerite Yourcenar, racconta come lo scorrere del tempo illumina il senso profondo, non transitorio dei pensieri e delle azioni umane. In questo nostro tempo, in cui abbiamo vissuto l’imprevisto più duro, leggere i pensieri di Enrico Berlinguer su taluni temi cruciali come la pace nel mondo, la costruzione di un nuovo modello di sviluppo incentrato sui beni comuni, la moralità della politica, conferma che il tempo è davvero grande scultore. Nel senso che restituisce la forza di pensieri che sono stati lungimiranti. Come quelli elaborati e tenacemente perseguiti dal grande dirigente comunista.

Pensieri elaborati nel vivo della battaglia politica misurandosi con le storture dello sviluppo capitalistico, le ferite sociali, le impetuose domande di cambiamento che nel corso degli anni settanta ed ottanta avevano posto i lavoratori, i giovani, le donne, le novità emerse nel mondo cattolico. Ciò che in Enrico Berlinguer alimenta l’elaborazione di pensieri che permangono nel tempo è la pratica politica, la sua “cura etica” del giorno per giorno, la presa in carico della vita concreta delle persone, la moralità dell’azione politica, lo sguardo che va in profondità e cerca di capire l’impatto che i processi in corso avranno sul futuro. Per Berlinguer la struttura del mondo viene definita da due caratteristiche principali: lo sviluppo dell’ordinamento nucleare che minaccia lo sterminio universale; il divario crescente tra aree ad alta industrializzazione ed il terzo mondo, cui aggiungerà negli ultimi anni la rivoluzione scientifica e tecnologica. A partire da qui avanza la proposta di un governo mondiale e nel 1982 sollecita il PCI ad elaborare la Carta per un nuovo ordine economico e politico internazionale.

Un’ idea, quella della Carta per un nuovo ordine mondiale, che comincia a maturare alla fine degli anni settanta e che si intreccia con l’affermazione del valore universale della democrazia, con la costruzione di una politica europea che solleciti la distensione tra le due superpotenze-USA ed URSS- a partire da una riduzione degli armamenti e ed una politica di una cooperazione con i paesi del Sud del mondo per renderli attori, alla pari, della costruzione di un nuovo sviluppo economico mondiale. Colpisce leggere oggi il discorso che Enrico Berlinguer pronunciò a Strasburgo, nel Parlamento Europeo, contro l’intervento sovietico in Afghanistan, (16 gennaio 1980), in cui riflette su qual è il ruolo dell’Europa e come si sta nella Nato. Insieme alla netta condanna della invasione da parte dell’Unione Sovietica in Afghanistan esprime profonda preoccupazione per la corsa agli armamenti attivata da Usa ed Urss e l’inasprirsi del conflitto tra le due superpotenze.

“Si è come in presenza di una intensificata militarizzazione della politica e dello stesso pensiero politico…Bisogna aprire la via del dialogo e del negoziato. Per fare questo è necessaria una politica europea che sia di moderazione, di saggezza, e di iniziativa costruttiva”.

“E’ in questa direzione che deve andare la politica europea, promuovendo iniziative, anche nuove, per il disarmo; rifiutando ogni forma e tentazione di neo colonialismo; stabilendo con i popoli e i paesi del Terzo mondo uno schema di rapporti fondati non sul semplice aiuto ma sull’uguaglianza e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa. Ma bisogna anche dare la prova di comprendere che la causa della pace e della giustizia nel mondo non tollera più quei privilegi e quegli sprechi, quei modelli di vita e di consumi propri della società industrializzate, i quali offendono feriscono e suscitano la legittima reazione di grandi masse umane, di interi continenti”.

La pace, il governo mondiale si intreccia con il tema di un nuovo modello di sviluppo di cui leva è una politica di austerità . “Abbandonare l’illusione che sia possibile perpetrare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario. Bisogna promuovere un modello di sviluppo che sia ispirato e guidato dai principi della massima produttività generale, della razionalità, del rigore, della giustizia, del godimento di beni autentici quali sono la cultura, l’istruzione, la salute, un libero e sano rapporto con la natura” (gennaio 1977).

Le battaglie delle donne in particolare hanno messo in evidenza che i problemi che scandiscono la vita umana vanno oltre la dimensione economica e sociale, riguardano le relazioni tra donne e uomini, tra genitori e figli, le relazioni famigliari, la dimensione affettiva delle persone. Riguardano la qualità dei tempi di vita, in particolare il rapporto tra il tempo di lavoro ed il tempo della cura. Cura delle persone e cura dell’ambiente e delle città, dei borghi, delle periferie, delle campagne in cui le persone vivono. Riguardano la qualità del welfare, per garantire i fondamentali diritti sociali come la salute, la formazione, i servizi sociali. Il diritto al lavoro e la qualità del lavoro. Le battaglie delle donne sono state capaci di tenere insieme i diritti civili ed i diritti sociali.

Dunque bisogna “allargare i confini” della politica, dotarsi di un progetto di trasformazione sociale che sia di liberazione umana. Ma per fare questo bisogna contrastare una concezione e pratica povera e riduttiva della politica, quella per cui essa viene ridotta “ai rapporti, ai giochi tra i partiti , tra maggioranza ed opposizione e tutto finisce lì.”

Bisogna ascoltare e fare pesare nell’agenda politica le domande di una vita dignitosa che provengono da strati sociali diversi, da movimenti animati da nuove culture come quella ecologista e pacifista. Bisogna che esse incidano nell’agenda politica e trasformino le istituzioni della politica, i partiti. Questo è un pensiero ed una ricerca costante di Enrico Berlinguer che si accentua negli anni ottanta, con la proposta dell’Alternativa Democratica, quando si assiste ad una degenerazione della vita pubblica, all’emergere di una acuta questione morale, al distacco dei cittadini dalla politica dei partiti e delle istituzioni, che si traduce nella crescita dell’astensionismo dal voto. Fenomeno inedito nel nostro paese e che conferma la crisi della politica tradizionale. Accompagnata dall’emergere di forme nuove di impegno civico. C’è un rapporto stretto tra la costruzione di un nuovo modello di sviluppo e la riforma della politica.

Questo chiama in causa il modo concreto e quotidiano di essere del PCI. Ed ecco che tornano centrali le donne con la loro critica al maschilismo. Tema su cui si sofferma in un mirabile discorso svolto a conclusione della Settima Conferenza delle donne comuniste, (4 marzo 1984), uno dei suoi ultimi.” Bisogna superare quegli orientamenti culturali, quegli atteggiamenti mentali e pratici, quelle abitudini che sono proprie di una società e di una cultura e quindi anche di un modo di fare politica costruiti secondo l’impronta maschilista, cioè in nome di una pretesa supremazia dell’uomo sulla donna e delle concezioni che ne sono derivate e che egli ha ereditato.” Cita Karl Marx negli scritti giovanili là dove afferma “Nel rapporto verso la donna, preda sottomessa alla libidine della comunità, è espressa la smisurata degradazione in cui l’uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso. Dal rapporto dell’uomo con la donna si può giudicare ogni grado di civiltà dell’uomo”.

Berlinguer riconosce che “nel partito permane uno scarto tra le acquisizioni e le posizioni a cui siamo giunti sulla questione femminile e l’attuazione di esse nella politica generale, nelle iniziative concrete e nella stessa vita di partito fino all’atteggiamento personale, al costume, allo stile nei rapporti con le compagne. Il superamento di questo scarto è diventato ormai condizione indispensabile imprescindibile per una generale avanzata del partito, per l’affermazione della sua politica complessiva, dato che incorporando in essa le questioni poste dalle donne e dai loro movimenti la nostra politica acquisterà maggiore incisività, una nuova grande ricchezza, anche modificandosi laddove deve essere modificata”.

Livia Turco

Le donne ucraine, maestre di vita

17 Marzo, 2022 (15:02) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Nel pieno di questa guerra assurda, crudele, che distrugge vite umane, dopo l’esperienza della pandemia che ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità ed il bisogno della relazione con gli altri e le altre dobbiamo costruire una Alleanza ed un Patto tra donne, cittadine del mondo, a partire dal riconoscimento della autorevolezza delle donne ucraine. Non solo le nostre badanti, non solo le donne che combattono una guerra ma le maestre della vita.

L’orribile guerra in cui siamo immersi in quel paese che sembrava lontano e che ritroviamo in casa nostra, l’Ucraina, Kiev, Khorkiv in cui sono stati ammazzati 100 bambini, ci ha fatto e ci fa incontrare quotidianamente l’azione straordinaria delle donne ucraine.

Donne che curano i corpi di bambini ed anziani, dei loro uomini che combattono la guerra. Donne che corrono nei rifugi e ricoprono con il loro corpo quello dei loro bambini. Donne che tengono viva la vita quotidiana in contesti di morte, che costruiscono con le loro mani bombe molotov per tentare di difendersi da quelle feroci e potenti dei loro invasori.

Donne che decidono l’esodo con i propri figli,mamme,papà.Donne che trovano il tempo di un sorriso per consolare,di pronunciare una parola per sperare. Donne che raccontano,denunciano,implorano,esprimono con dignità l’orgoglio del proprio paese,cercano volti amici che le possano aiutare e con cui costruire quella parola: Pace.

DONNE, MAESTRE DI VITA. Ecco la grande lezione che ci danno le donne UCRAINE mentre combattono per la difesa dei loro corpi,della loro dignità, per l’amore al proprio paese, per invocare la pace.Una lezione di vita che ci obbliga a ritessere il valore della pace, della democrazia, dell’Europa unita, della cooperazione tra i popoli di un mondo globale senza confini.

Ma, il messaggio più potente,che dobbiamo raccogliere e’ quello del valore della vita umana.

Valore, che, la civiltà della ricchezza,del primato delle tecnologie, della potenza dell’Io, della normalità delle diseguaglianze sociali,della prepotenza dell’uomo sulla natura ha sminuito in un relativismo etico per cui in nome della ricchezza e del possesso la morte di un lavoratore,la povertà di un bambino, la morte di un immigrato, il modo in cui le persone vivono e muoiono non e’ un problema, è qualcosa che si nasconde,si toglie dallo sguardo, si finge di non vedere.

Anche l’esperienza della pandemia in cui siamo stati travolti e da cui non diamo ancora uscita, in cui sono state stroncate migliaia di vite umane deve farci cambiare sguardo ed immergerci in un nuovo scenario di vita e di pensiero.Dobbiamo rifondare il valore della vita umana.

Nel pieno di questa guerra assurda, crudele, che distrugge vite umane, dopo l’esperienza della pandemia che ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità ed il bisogno della relazione con gli altri e le altre dobbiamo costruire una Alleanza ed un Patto tra donne, cittadine del mondo, a partire dal riconoscimento della autorevolezza delle donne ucraine. Non solo le nostre badanti, non solo le donne che combattono una guerra ma le maestre della vita.

Un patto ed una alleanza tra donne che riconosca che oggi il popolo delle donne e’ plurale e che dunque non può che costruire una cittadinanza plurale,basata sulla mescolanza di culture,esperienze,lingue,saperi.

Un patto ed una alleanza tra donne,che nella società e nelle istituzioni poltiche, assuma con grande radicalità il Paradigma della CURA DELLA VITA, per ripensare le poltiche ed i pensieri che governano la nostra società.

CURA DELLA VITA significa far rinascere la democrazia come partecipazione attiva dei cittadini, costruzione dei legami sociali e della comunità competente che si prende cura delle persone.

CURA DELLA VITA significa investire sui grandi BENI COMUNI: salute,ambiente,lavoro,formazione come priorità e motore dello sviluppo economico e sociale.

CURA DELLA VITA come riconoscimento del valore della differenza femminile ed una nuova amicizia tra donne e uomini,una nuova grammatica dei sentimenti.

CURA DELLA VITA come possibilità di vivere con pienezza ciascuna stagione della vita in una mescolanza tra tempi di lavoro, di cura della formazione, del tempo per sé.

CURA DELLA VITA come mescolanza e cooperazione tra tutti i popoli del mondo superando steccati e confini perché solo in un mondo cosmopolita non ci saranno più le guerre.

Non è un Manifesto di utopie e speranze ma l’auspicio di un cimento che deve cominciare qui ed ora, con concretezza ed idealità. A partire dall’obiettivo immediato che tacciano le armi, si metta fine a questa strage di corpi, prevalga la costruzione della pace.

Livia Turco

“I sussidi non bastano, bisogna potenziare gli assistenti sociali”

18 Febbraio, 2022 (10:36) | Interviste, Senza categoria | Da: Livia Turco

Intervista a Livia Turco sul Secolo XIX

Inervista a Livia Turco

Spunti per una legge quadro sugli anziani non autosufficenti

14 Dicembre, 2021 (09:42) | Articoli pubblicati | Da: Redazione

Credo sia opportuno riassumere gli aspetti più salienti emersi nell’ambito dell’ultimo rapporto congiunto della Commissione Europea e del Consiglio UE sui temi della non autosufficienza . Il Rapporto ha evidenziato per tutti i paesi europei un quadro fatto di luci e di ombre .Tutti i sistemi analizzati presentano, infatti , criticità e soluzioni che, pur con tutte le differenze, ci fanno chiaramente comprendere la vastità e la portata che questo tema ha per il sistema sociale europeo nel suo complesso. Tutti i paesi europei fronteggiano una identica dinamica demografica che vede un aumento della popolazione anziana. Ad essa è connessa una crescente domanda di prestazioni e sostegni in considerazione della impossibilità di lasciare da sole le famiglie e le persone nel momento in cui esse sperimentano una condizione di maggiore fragilità. Pertanto in tutta Europa si è da tempo sviluppato un sistema vasto, differenziato e articolato fatto di iniziative e modelli di intervento che hanno come obiettivo quello di garantire cure e diritti esistenziali per le persone anziane. Questo processo integra e completa, ovunque in Europa ,sul piano della struttura degli interventi di presa in carico, il quadro degli interventi sulle disabilità. 

In questa ultima edizione del rapporto congiunto ,L’Italia, al pari di altri grandi paesi dell’Unione viene considerata un paese sicuramente progredito e strutturato sul versante delle cure sanitarie ma ancora afflitto da problemi di scarsa omogeneità sul versante della presenza dei servizi e degli interventi sociali nei vari territori della penisola ,con standard disomogenei ,anche in relazione al tema della residenzialità. Inoltre viene sottolineata la mancanza di una politica nazionale coerente e sostenibile a fronte di risposte non coordinate e accessibili a livello territoriale. Sul piano finanziario viene peraltro sottolineato l’onerosità crescente della” indennità di accompagnamento” e la sua caratteristica neutralità alle condizioni reddituali dei percettori, nonché la non integrazione di questa misura con il sistema degli interventi di assistenza sociale. Come per altri paesi viene infine considerata preoccupante la condizione del mercato del lavoro delle “badanti” caratterizzato da livelli elevatissimi di lavoro nero.

L’Italia e il paese dell’Unione Europea -27 con la più alta percentuale di persone di 65 anni e più e 75 anni tra la popolazione. Ma vivere più a lungo in Italia non significa necessariamente vivere con una salute migliore; l’aspettativa di vita sana a 65 anni è di 9,5 in Italia, al di sotto del livello medio Ue 27 che è pari a 9,9 anni e inferiore alla maggior parte degli stati dell’Unione Europea ,Ue 15. Questi dati dimostrano che il problema degli anziani fragili in Italia è più pronunciato che in molti paesi europei.

Il PNRR contiene l’impegno del governo al varo di una riforma complessiva degli interventi per gli anziani non autosufficienti e quello relativo all’adozione di una legge quadro sulle persone disabili , di competenza del relativo dicastero. Questo gruppo di lavoro ha accettato di contribuire a questo processo e ha già iniziato il suo lavoro con la scrittura dei primi livelli essenziali sociali per le persone anziane non autosufficienti da inserire nella prossima legge di bilancio. Proprio alla luce degli elementi di scenario che ho voluto richiamare all’inizio di questa riunione mi sento di affermare come si sia trattato di un lavoro importante e approfondito, orientato nella giusta direzione. Un lavoro che ora vogliamo completare dando il nostro contributo alla scrittura della legge di riforma agli anziani non autosufficienti.

Durante il Covid-19 le fasce di popolazione che hanno sofferto di più sono stati gli anziani e i bambini. Il COVID-19 ha messo in evidenza una questione di fondo: la concezione della vita, delle stagioni della vita, del ciclo di vita che si è affermato nella nostra società, del consumismo, dell’individualismo, scandito dal tempo della fretta e della velocità ; dove il lavoro, più che nel passato, per alcune fasce di popolazione è diventato “tiranno” rispetto agli altri tempi della vita. Solo la stagione centrale della vita, quella produttiva quella del lavoro, ha una sua considerazione e rilevanza sociale e culturale. Le altre sono considerate appendici, soprattutto per quanto riguarda gli anziani. Bisogna capovolgere questa impostazione. La vita delle persone è un ciclo di vita scandito da diverse stagioni, ciascuna con una sua peculiarità, che deve essere vissuta con pienezza e pari dignità. Dunque una legge sugli anziani non autosufficienti deve avere come fondamento il riconoscimento del valore della stagione della vita anziana. Penso dunque sia giusto

affrontare la elaborazione della legge quadro, sulla base di un presupposto di fondo: non stiamo affrontando un’emergenza e non vogliamo affrontare il nostro lavoro senza considerare come sia importante avere un approccio politico volto a rendere” normalmente” più civile, più attiva e socialmente riconosciuta una importantissima stagione della vita. Una stagione preziosa per gli individui che la attraversano e per le loro famiglie. Non fosse altro che per l’importanza degli effetti, delle memorie, delle esperienze e delle differenze: l’età anziana è la stagione dei tesori e della vita che diventa storia. Una storia da condividere, ancora da conoscere meglio ,e ,soprattutto da vivere insieme

Per fare bene il nostro lavoro abbiamo bisogno di tornare a condividere un’idea della vita umana più completa, più duttile e articolata: un’idea che riconosce e valorizza ciascuna stagione della vita. Un’idea, questo è il punto , che riconosca le differenze e le rispetta, che protegge il diritto di ciascuno ad una vita dignitosa, intesa nel senso che abbiamo imparato da Amartya Sen” capacità di essere ,di esprimersi e di fare “e che afferma l’essenzialità e la indissociabilità del diritto alla cura e alle relazioni umane.

La presa in carico degli , anziani il riconoscimento della loro dignità deve appartenere a quella svolta culturale che costruisca una rivoluzione antropologica capace di riconoscere la “fragilità” umana, le connessioni che ci legano gli uni agli altri, che legano une alle altre le persone e le stagioni della vita.

Fare una buona legge per gli anziani non autosufficienti significa contribuire a costruire questo” nuovo umanesimo” per fare in modo che le interconnessioni che esistono tra le persone siano tradotte in solidarietà e perché venga finalmente riconosciuto il valore della cura della vita e del lavoro di cura delle persone.

Conosciamo i numeri e le tendenze e condividiamo l’urgenza di migliorare integrare il nostro sistema socio sanitario e socioassistenziale. Ma per fare bene il nostro lavoro dobbiamo partire dal fatto che la stagione anziana non può ridursi ad una categoria di problemi o di afflizioni: sarebbe un errore gravissimo sul piano culturale, sociale politico, ed economico.

Le persone anziane sono cerniere fondamentali della nostra cultura e della organizzazione sociale dei nostri territori .Una legge che si occupa di loro deve riconoscere e valorizzare le migliori esperienze” dell’attivismo solidale” delle persone anziane e di quello intergenerazionale. Intendo dire che queste esperienze dovranno poter essere considerate patrimonio collettivo di un territorio riconoscendo loro una speciale capacita di svolgimento e gestione di funzioni essenziali per la coesione e l’integrazione della vita delle persone.

Questo significa che la riforma del non della non autosufficienza si fonda su un principio secondo il quale quella anziana è una stagione” attiva” socialmente, economicamente e culturalmente. Sappiamo poi benissimo che molte persone nel corso di questa stagione si ammalano e che spesso diventano dipendenti dall’assistenza e dall’aiuto degli altri. È sempre stato così fin dagli albori della storia umana e anche se la ricerca medica è in grado di sorprenderci sempre con i suoi progressi i suoi risultati dobbiamo accettare la realtà e fronteggiarla al meglio delle nostre capacità. Ed è proprio nel momento in cui la persona anziana tra le sue condizioni fisiche e mentali diviene persona disabile che appare della massima importanza poter disporre di un unico sistema integrato che sia capace di garantire a tutte le persone non autosufficienti disabili e anziane disabili, le più accessibili e idonei forme per la valutazione e la presa in carico con una innovativa capacità di valorizzazione del contesto di vita domiciliare e la promozione degli interventi necessari a scongiurare la rischio di isolamento e confinamento ,nel rispetto delle differenze che ciascuna situazione presenta. La conoscenza enormemente accresciuta delle patologie connessa all’età anziana ci permette del resto di selezionare meglio le tipologie di intervento che dovranno essere previsti.

Una particolare attenzione dovrà essere riservata ai temi della residenzialità degli anziani e ai profili qualitativi specifici che dovranno caratterizzare l’offerta di servizi capace di offrire una varietà di soluzioni socialmente innovative in relazione ai diversi gradi e livelli di autonomia della persona. Da questo punto di

vista un sistema pensato per affrontare in modo innovativo il tema dell’invecchiamento della popolazione da un lato contribuirà al potenziamento del sistema degli interventi per le disabilità e dall’altro si potrà avvalere di tutte quelle buone prassi e di quelle competenze che il mondo della disabilità ha sviluppato nel corso degli anni proprio nello sviluppo di interventi domiciliari e nel coinvolgimento attivo di quella rete associativa e di prossimità indispensabile al sostegno attivo delle persone e delle famiglie. Il tema della residenzialità deve collocarsi comunque all’interno di un progetto di rigenerazione urbana, di rigenerazione del contesto sociale, di rigenerazione delle relazioni umane, di costruzione della comunità e della prossimità. Crediamo infatti in un concetto di sostenibilità ampio e inclusivo e riteniamo che la cura dei problemi che spesso affliggono la vita degli anziani e delle loro famiglie includa tutte quelle misure che contrastano l’esclusione sociale e promuovono le pari opportunità, presupponga la conoscenza e la pratica di stili di vita corretti, veda la presenza diffusa ed omogenea di servizi medici che promuovono attivamente la prevenzione delle malattie, comprenda servizi sociali e culturali adeguati e la possibilità di disporre di contesti abitativi intelligenti, dignitosi, rispettosi delle esigenze della persona e delle loro diverse stagioni di vita.

Occorrerà affrontare il tema della sostenibilità finanziaria di tutto il sistema. Con realismo e lungimiranza si dovranno riprendere le fila delle varie opzioni percorribili e valutarne gli impatti sociali politici ed economici per arrivare alla formulazione di una proposta solida e sostenibile.

Vivere pienamente e attivamente, essere ben curati, non restare a casa soli, a casa sì ma non confinati case diverse e informazioni diversi collocate in territori accoglienti sono gli ambiziosi obiettivi che dovranno essere trattati nella nuova legge e che il PNRR può contribuire a realizzare.

Una particolare attenzione dovremo dedicare al grande tema delle demenze dell’Alzheimer rispetto al quale molte associazioni ci hanno fatto pervenire una petizione contenente proposte molto concrete.

Quale può essere dunque l’articolazione della legge quali gli ambiti fondamentali che dovranno essere affrontati nell’ambito della legge che stante al l’indicazione contenuta nel PNRR dovrebbe trattarsi di una legge delega?

Provo ad indicarli :

1 articolo: il valore della vita anziana, i diritti e i doveri delle persone anziane, i doveri della società per la promozione della loro dignità ed inclusione sociale.

2 articolo : la definizione della condizione di non autosufficienza .Secondo l’OMS, nel documento noto come ICF, la non autosufficienza è definita in termini di “funzionamenti”, termine ombrello che comprende tre domini : le strutture e funzioni corporee della persona; le attività che la persona è in grado di sviluppare; il modo con cui la persona partecipa al contesto in cui vive.

Dunque, anatomia del corpo umano, esecuzione dei compiti della vita quotidiana, capacità di interazione con l’ ambiente in cui la persona vive. Sulla base di questa visione della persona in termini di funzionamenti, la non autosufficienza nomina: le menomazioni, le limitazioni e le restrizioni che una persona vive. L’’approccio proposto è l’approccio biopsicosociale in base al quale la persona non può essere divisa tra parti del corpo e la sua anima ,ma la persona è la sua totalità, il suo insieme di vita.

La presa in carico della non autosufficienza deve fare proprio quel motto : “per un tempo di vita che duri tutta la vita”. Dunque un tempo di vita pieno anche quando esistono le condizioni di menomazioni limitazioni e restrizioni. È importante condividere con nettezza questo approccio e trarne tutte le conseguenze sul piano delle politiche

3 Articolo : definizione dei livelli essenziali di assistenza, cosa intendiamo per livelli essenziali di assistenza. Io credo, come peraltro è diffuso nella letteratura e in molte legislazioni, che il livello essenziale di

assistenza debba essere la creazione dei contesti e delle opportunità che consentano a ciascuna persona di esplicare ” le sue capacità di essere, di esprimersi e di fare”. Indica i diritti universali ed esigibili.

Gli ambiti in cui collocare la nostra proposta , da tradurre in termini di politiche:

1)La vita attiva degli anziani :una risorsa fondamentale per la nostra società ;

2) La prevenzione delle malattie e il contrasto all’ isolamento;

3) Le nuove forme della vita insieme, nuovi modelli per la semi autonomia;

4) Un servizio “amico di famiglia”: l’accessibilità e l’integrazione dei servizi, la complementarietà delle prestazioni della sanità e del welfare italiano;

5) La sfida della nuova domiciliarità, per superare confinamenti e solitudini nuovi modelli ,per le cure domiciliari e nuovi modelli di domiciliarità sostenibile per tutte le persone autosufficienti e per gli anziani non autosufficienti. Non si tratta solo di ampliare gli attuali interventi sanitari o di ampliare gli attuali interventi sociali. Si tratta di mettere al centro la complessità della vita della persona, definire un progetto integrato adeguato al suo bisogno, mettere in rete, fare interagire gli interventi necessari. Sapendo che una delle grandi questioni che vivono le persone non autosufficienti è quella delle relazioni umane , del superamento della solitudine, della vicinanza. Questo deve essere un ingrediente fondamentale della domiciliarità ,un suo requisito cruciale, un suo criterio di valutazione fondamentale;

6) Riqualificare il lavoro di cura degli assistenti familiari e riconoscere la figura del caregiver;

7) La riqualificazione delle RSA;

8) Gli assetti istituzionali e la governance con particolare riferimento al rapporto Stato, Regioni ,Comuni.;

9) La costruzione della prossimità e la valorizzazione delle reti di presa in carico delle persone. Considerate parte integrante della promozione del benessere delle persone ma anche portatrici di competenze che devono essere ascoltate per la definizione delle politiche;

10) Gli strumenti e le modalità per attuare la legge prevedendo anche norme per il monitoraggio e la valutazione degli esiti;

11) Le modalità di finanziamento del sistema.

In questo contesto, in particolare in riferimento ai punti 4 e 5 ,dovrà essere ricompreso tutto il contenuto dei LEPS elaborati da questo gruppo di lavoro e contenuti nel documento consegnato al Ministro nel mese di luglio 2021.

 Livia Turco