Turco/Bressa: “Che fine hanno fatto i tunisini di Lampedusa?”
Interrogazione parlamentare al Ministro dell’Interno
Per sapere; premesso che:
da mesi si sono completamente perse le tracce di un numero rilevante di cittadini tunisini, sbarcati a Lampedusa dopo le rivolte popolari del febbraio del 2011;
si parla di oltre 500 persone, partite dalle coste nordafricane: molti di loro, probabilmente, sono morti durante la traversata, forse nel naufragio del 14 marzo, ma sono, però, sicuramente numerosi quelli ancora vivi;
alcuni sono stati intravisti dai familiari nei servizi girati in questi mesi a Lampedusa;
ad esempio, Faouzi Hadeji, fruttivendolo a Genova e fratello di Lamjed, partito il 29 marzo, sempre da Sfax, ha riconosciuto suo fratello in un servizio televisivo ha dichiarato alla stampa “Sto diventando pazzo perché ho visto mio fratello in video, a Lampedusa, ma sono nove mesi che non lo sento. Prima di imbarcarsi, mi aveva promesso che mi avrebbe raggiunto a Genova, ma non è mai arrivato. Vorrei sapere dove si trova”;
Rebecca Kraiem, rifugiata in Italia da 23 anni e dirigente dell’associazione tunisina “Giuseppe Verdi”, è alla ricerca dei suoi connazionali dallo scorso marzo, gira l’Italia in lungo e in largo, dal Consolato di Palermo all’Ambasciata di Roma fino ad alcuni centri di identificazione e di espulsione, ma purtroppo non ha ottenuto, ad ora, risultati significativi;
mentre in Italia la vicenda non ha ottenuto la giusta risonanza, in Tunisia se ne parla molto: il 29 dicembre scorso, il giornale “Assabah” ha pubblicato un articolo che riporta i nomi di cento cittadini di cui non si ha più notizia, riportando una ricostruzione, a dire il vero assai vaga, della presunta dinamica che avrebbe portato gli scomparsi, dopo aver toccato il suolo italiano, a essere respinti e, infine, “messi a morte” nel tratto di mare tra l’Italia e l’Africa;
tale articolo, pur privo di riscontri oggettivi, ha avuto un effetto devastante sui familiari che continuano ad attendere invano informazioni capaci di smentire una versione così tragica del destino dei loro cari;
il problema centrale di questa vicenda è proprio l’assoluta assenza di informazioni, imputabile sia alle istituzioni italiane che, in misura sicuramente superiore, a quelle tunisine;
in Tunisia, dopo le rivolte dei mesi scorsi, l’assetto politico è mutato e si è insediata l’Assemblea Costituente, ma, all’interno delle ambasciate e dei consolati, non si è realizzato un corrispondente cambiamento ed è rimasta pressoché inalterata a tutti i livelli la composizione del personale, costituito da sostenitori del precedente regime;
in un primo momento il Governo Italiano ha concesso una protezione temporanea ai tunisini sbarcati in Italia entro il 5 aprile 2011, rinnovandola dopo sei mesi, ma coloro che sono arrivati dopo quella data sono ora soggetti validi per il rimpatrio, poiché la Tunisia non è più considerata un paese a rischio per i diritti umani;
questo quadro potrebbe indurre a ritenere valida c l’ipotesi che i tunisini “spariti” siano trattenuti in alcuni Cie in Italia ma, dal momento che potrebbero aver fornito generalità fittizie (per paura di essere identificati come tunisini e quindi rimpatriati), rintracciarli è diventata un’impresa davvero ardua;
in Tunisia i familiari dei migranti scomparsi hanno tenuto varie manifestazioni per sollecitare azioni concrete di ricerca al governo tunisino e a quello italiano;
al fine di sensibilizzare governi e opinione pubblica, il 14 gennaio sono in programma due manifestazioni, una sotto l’ambasciata tunisina di Roma, l’altra sotto il consolato di Milano.
Se il Ministro non ritenga opportuno di dover attivare tutti gli strumenti a sua disposizione utili a fare luce su questa vicenda, e se non ritenga, inoltre, necessario prendere in considerazione la possibilità di applicare a questi cittadini tunisini quanto prima tutte le misure di protezione temporanea previste nel capo III del d.lgs. 286 del 1998.
On. Livia Turco
On. Bressa
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