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RU 486: l’abbaglio de La Stampa

2 Ottobre, 2009 (10:27) | Lettere aperte | Da: Livia Turco

Sul quotidiano “La Stampa” di ieri , a corredo di un articolo sulla pillola RU 486, è apparso un breve trafiletto, reso però piuttosto evidente da una mia foto pubblicata a fianco, nel quale si indicava Livia Turco come responsabile di un fantomatico blocco alla procedura di approvazione della pillola RU486 al tempo in cui svolgeva l’incarico di ministro della Salute.
Una notizia evidentemente priva di qualsiasi fondamento, alla quale ho risposto con questa lettera inviata al direttore del quotidiano torinese, che penso sia comunque di interesse per tutti coloro che volessero ricostruire i termini esatti della questione RU 486.
Ecco la lettera:

Alla cortese attenzione
Dottor Mario Calabresi
Direttore de La Stampa

Gentile direttore,
la “notizia” riportata oggi da La Stampa secondo la quale avrei bloccato nel 2007 l’iter di approvazione della RU 486 è assolutamente falsa e priva di fondamento.
Semmai è vero l’esatto contrario. Fui proprio io, fin dall’inizio del mio mandato di ministro della Salute nel maggio 2006, ad avviare tutte le procedure utili affinché anche in Italia fosse garantita la possibilità di un’alternativa farmacologica per l’interruzione volontaria di gravidanza, come già avviene in quasi tutti i Paesi del mondo.
Il primo ostacolo che dovetti affrontare fu la ritrosia, da parte della ditta francese titolare del farmaco, a formulare la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio anche in Italia. E’ bene ricordare, infatti, che finché la ditta produttrice non chiede l’autorizzazione non può scattare alcuna procedura.
Fino ad allora, conscia dell’ostilità manifesta delle autorità italiane verso questo farmaco, la ditta francese aveva infatti deciso di non inserire il nostro Paese nella procedura europea di mutuo riconoscimento con la quale il farmaco era stato già autorizzato, oltre che in Francia, in Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Grecia, Spagna, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Estonia, Norvegia, Regno Unito e Svezia.
All’appello mancavano solo Ungheria, Lettonia, Portogallo, Romania e, appunto, l’Italia.
La domanda della ditta giunse all’Agenzia italiana del farmaco il 7 novembre 2007.
E, come, si può facilmente verificare, è da allora che sono scattate tutte le procedure previste dall’iter, ora finalmente giunto alla sua fase conclusiva.
Fui sempre io, poi, a sollecitare l’8 gennaio 2008 il Consiglio superiore di sanità a fornire un proprio parere sulle modalità di impiego della RU 486 nel rispetto della legge 194, al fine di sgomberare il campo rispetto a strumentali obiezioni che nel frattempo si erano manifestate sulla compatibilità di questo farmaco con la nostra legge sull’aborto.
Affermare che sia stata io a bloccare l’autorizzazione di questo farmaco è quindi veramente inaccettabile.
Ps. Per completare la sua informazione al riguardo, le segnalo infine che l’unico blocco all’iter di autorizzazione giunse dall’estero, a seguito di una richiesta di arbitrato europeo formulata dall’Ungheria. Questa richiesta sospese l’iter nei cinque Paesi, compresa l’Italia, oggetto della nuova richiesta di mutuo riconoscimento. Sempre per completezza, la informo che quella richiesta fu respinta, sbloccando nuovamente l’iter di approvazione in tutti e cinque i Paesi.

Livia Turco

Roma, 1 ottobre 2009

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