Pd di lotta e di governo come il mio Pci
Intervista a Livia Turco su il Riformista di Umberto De Giovannangeli — 17 Dicembre 2022
“Se il dibattito congressuale e la fase costituente del ‘nuovo Pd’ si ridurranno al posizionamento dei maggiorenti dem su questo o quel candidato alla segreteria, il Partito democratico rischia il suicidio politico”. Così Gianni Cuperlo in una intervista a questo giornale. Lei come la vede?
Condivido la preoccupazione di Gianni Cuperlo. Ho fortemente creduto e credo in una fase Costituente per animare una discussione ed una ricerca libera, schietta, che abbia protagonisti gli iscritti/e ed i tanti soggetti che sono impegnati a fare del bene alla nostra società. Questo avrebbe significato che i potenziali candidati fossero gli animatori e le animatrici di questa fase senza mettere in gioco subito la loro candidatura che inevitabilmente porta a ciò che stiamo vivendo: le persone più che il confronto sui contenuti, il posizionamento sui candidati rispetto alla pratica dell’ascolto e la costruzione di legami sociali. Ma, sono fiduciosa. Vedo compagni e compagne che nonostante la disillusione e le amarezze vogliono reagire, far rinascere la sinistra, combattere contro le politiche di questa destra che ha manifestato il suo volto di sempre. La commissione che ha il compito di stendere una bozza del Manifesto dei valori del nuovo PD, per come la sto sperimentando, è un luogo di confronto schietto ed approfondito. Tale Manifesto deve esprimere in modo chiaro le scelte che il mondo profondamente cambiato ci pone difronte.
Due dei tre candidati, al momento, alla segreteria nelle primarie del 19 febbraio 2023 sono donne: Paola Micheli ed Elly Schlein. La discontinuità è femminile?
Sono molto contenta delle candidature di Elly Schlein e di Paola De Micheli. Le ringrazio per la loro determinazione ed il loro coraggio. Dimostrano, con profili diversi, che le donne di sinistra non sono lo strapuntino degli uomini. A loro chiedo di rendere evidente la diversità della leadership femminile di sinistra, diversa dalla destra perché animata dall’ambizione di cambiare la politica, a partire dalla grave crisi della nostra democrazia rappresentativa, dimostrata tra l’altro, dall’elevato numero di persone che non va più a votare. Le donne possono diventare “l’onda d’urto” per tradurre in cambiamento sociale, politico e culturale l’intero articolo 3 della nostra Costituzione, cui tanto contribuirono le Madri Costituenti. Articolo che stabilisce un forte nesso tra l’eguaglianza di fatto, il superamento delle discriminazioni, la giustizia sociale e la costruzione di una democrazia inclusiva. Che promuove le capacità di tutte le persone, a partire da quelle fragili e ferite, per renderle protagoniste del loro riscatto sociale. Che consideri le politiche per il superamento delle discriminazioni di genere come una priorità nell’agenda del nostro paese. Per questo è importante valorizzare le leadership femminili diffuse nei territori ed in tanti luoghi sociali sollecitando la creazione di un NOI delle donne, plurale ed intergenerazionale.
Una delle parole più gettonate nel dibattito a sinistra è “identità”. Ma se non la sostanzia, resta una parola “appesa”, vuota, priva di senso politico. Provi lei a declinarla.
L’identità della sinistra che rinasce deve essere incentrata sulla costruzione di un Nuovo Umanesimo, animato dal principio della cura della vita. Che, partendo dalla lezione della pandemia del Covid-19, in cui ci siamo scoperti soggetti fragili, interdipendenti, globali, abbiamo visto messo in discussione quel pilastro del neoliberismo cui è stata subalterna la sinistra: l’ipertrofia dell’IO. Un Nuovo Umanesimo che sia scandito in modo netto dai seguenti valori e dalle seguenti politiche: l’eguaglianza della dignità delle persone; la comunità; la pace globale; uno sviluppo basato sulla dignità dei lavori, sulla dignità del lavoro di cura, sul forte investimento nei Beni Comuni-ambiente, salute, istruzione-, sulla considerazione del Welfare quale fattore di sviluppo e di crescita; la solidarietà tra le generazioni, capace di far vivere storia e memoria e di dare fiducia ai giovani; relazioni paritarie tra donne e uomini che ne valorizzi la loro differenza di genere e riconosca finalmente l’autorevolezza femminile; la società della convivenza e la cittadinanza plurale in cui si mescolano popoli, culture, religioni ed in cui alle persone immigrate vengano riconosciuti tutti i diritti sociali e politici, compreso il diritto di voto; la democrazia inclusiva che si prende cura delle persone e valorizza le loro competenze attraverso l’impegno dei soggetti sociali e di partiti politici popolari così come indicato dall’articolo 49 della nostra Costituzione. Animati da una politica “sobria”, onesta, pulita, competente, capace di guardare negli occhi le persone perché credibile. Una politica accessibile a tutti, che offra a tutti/e la possibilità si diventare classe dirigente del paese.
Enrico Letta sogna un nuovo Pd “pugnace”. Ma dopo oltre un decennio in cui l’assillo è stato la governabilità a tutti i costi, ne sarà capace? Del Pci si diceva “partito di lotta e di governo”…
Credo che il nuovo PD debba mantenere l’ambizione di governare il Paese. La partecipazione ai governi che si sono succeduti in questo decennio è in gran parte da ascriversi al periodo drammatico che abbiamo vissuto e che ha richiesto l’esercizio della responsabilità. Il problema è come si è stati al governo, quali le scelte compiute, quale rapporto tra l’azione di governo e la società. Purtroppo è prevalsa anche al nostro interno la politica come esercizio del potere, come carriera individuale perdendo il senso del partito come comunità. Credo che la sinistra potrà rinascere solo se saprà costruire una moderna politica popolare, un partito autonomo, di popolo. Si, un partito “di lotta e di governo”.