Nella storia del welfare e delle politiche sociali, il Servizio Sociale e la figura professionale dell’Assistente Sociale è stata ed è la metafora ed il motore dell’innovazione del welfare e delle politiche sociali. E’ la metafora e lo strumento concreto per il superamento del welfare categoriale, caritatevole, basato su interventi monetari ed emergenziali. E’stata ed è la metafora e lo strumento concreto del welfare che promuove il benessere delle persone, ne valorizza le competenze e le abilità, promuove la rete integrata dei servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo. Il welfare locale e comunitario che mette al centro come risorsa fondamentale la relazione umana. Un welfare sociale che ha trovato la sua traduzione coerente nella legge 328/2000 “Disposizioni per un sistema integrato di interventi e servizi sociali” tanto attuale quanto inapplicata. Che dobbiamo applicare pur in contesto diverso da quello di vent’anni fa e bisogna farlo con spirito innovativo.
STORIA DELLE POLITICHE SOCIALI
Ritengo utile ,anche onorando i settanta anni della nostra Repubblica, ricordare le tappe più importanti della evoluzione delle politiche sociali nel nostro Paese.
Il pensiero corre alle nostra Madri Costituenti che proprio sui temi del welfare sono state le grandi e decisive protagoniste ponendo le basi di un welfare innovativo.
Teresa Noce, Maria Federici, Lina Merlin sono state le Relatrici nella Terza Sottocommissione dell’Assemblea Costituente dedicata ai problemi economici e sociali. Nelle loro relazioni hanno delineato un Welfare moderno basato sulla distinzione tra Previdenza ed Assistenza, sulla centralità della persona, sui diritti dei lavoratori e lavoratrici, sulla conciliazione tra lavoro e famiglia e sul sostegno ai figli ed alle famiglie numerose, sulla lotta alla povertà ed al sostegno ai bisognosi. Ricordo l’articolo 3 che prevede la promozione della “eguaglianza di fatto” ed il superamento delle discriminazioni basate sul sesso oltre che sulla razza e le religioni. Un concezione moderna ed avanzata di eguaglianza che obbliga le istituzioni a promuovere politiche che superino le discriminazioni e promuovano concretamente la giustizia sociale e l’eguaglianza sostanziale. Fu la giovane Costituente Teresa Mattei a proporre l’emendamento che contiene la dizione “eguaglianza di fatto”. Articoli fondamentali della nostra Costituzione , 2, 3, 29, 30, 31, 32, 37, 38 per una impostazione avanzata della promozione della dignità umana, della inclusione sociale, di una democrazia inclusiva, della trasformazione sociale, della dignità del lavoro, delle politiche di welfare a partire dal riconoscimento della parità uomo donna. Innovazioni straordinarie se rapportate alla storia del nostro paese contrassegnato da una pervicace cultura patriarcale codificata nel Codice civile del 1865 e nell’istituto “dell’autorizzazione maritale”, articolo 134 del Codice Medesimo che negava alle donne di stabilire contratti economici e di trasferire proprietà ed in quanto tale erano escluse dalla vita pubblica e relegate ai margini della società. Sono state brave le nostre Madri Costituenti perché sono state determinanti, attraverso un mirabile gioco di squadra tra di loro, ad incidere su articoli fondamentali della Costituzione, e, con il sostegno delle associazioni femminili, dei sindacati, dei partiti popolari cattolici e di sinistra sono riuscite a tradurre fin dall’inizio le norme Costituzionali in Leggi di Riforma. Cosa non scontata visto il dibattito durato alcuni anni tra Costituzionalisti e tra politici sulla cosiddetta normatività della Costituzione, cioè quanto i principi costituzionali dovessero rimanere tali e quanto dovessero tradursi in norme. Non è casuale se le prime due leggi di riforma della Repubblica Italiana sono state depositate da parlamentari donne e riguardano la condizione femminile. Si tratta della Legge Teresa Noce sulla Tutela Sociale della Maternità depositata il 14 giugno del 1948 ed approvata due anni dopo diventando la legge Noce- Federici, due Costituenti, una Comunista e l’altra Democristiana e il 6 agosto del 1948 fu depositata la legge Lina Merlin per la chiusura delle Case di Tolleranza in cui si esercitava la prostituzione di Stato e che fu approvata ben 10 anni dopo. Su questi temi mi permetto di segnalare il volume curato dalla Fondazione Nilde Iotti “ La Repubblica delle donne” Settanta anni di battaglie e di conquiste (Donzelli Editore).Le altre tappe legislative importanti sono state: la conquista della legge 833/78 per un Servizio Sanitario Universalistico e solidale, basato sulla medicina territoriale e sulla integrazione socio sanitaria; la legge 112/98 “Conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi alle Regioni ed agli Enti Locali in attuazione del capo 1 della legge 15 marzo 1997,n.59”.L ’articolo 5 della medesima legge colloca i Servizi Sociali nella più ampia accezione dei servizi alla persona ed alla comunità ;in tale contesto è implicito il processo volto ad osservare nel rispetto degli art.2,3,32,38 il principio della coesione sociale, dell’inclusione sociale e dell’empowerment. A livello locale il Comune deve promuove una “ comunità competente” quale titolare primario delle politiche sociali. La legge 23 marzo1993,n.84 “Ordinamento della professione dell’Assistente Sociale ed istituzione dell’Albo Professionale”, frutto delle vostre tenaci battaglie. La legge 285/97 “Disposizioni per la Promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e dell’adolescenza” e la legge sulla Sperimentazione del Reddito Minimo d’Inserimento contro la povertà del 1998 , che mettono al centro la costruzione della rete integrata dei servizi sociali e la valorizzazione del welfare locale e comunitario con un ruolo centrale di programmazione da parte del pubblico ed un significativo stanziamento di risorse. Entrambe pongono come centrale nella costruzione della rete integrata dei servizi il ruolo del Servizio Sociale. Infine, la più importante di tutte, la Legge Quadro sulle Politiche Sociali, la 328/2000, la legge della dignità sociale. L’art. 22 comma 4 della legge quadro 328/2000 definisce il servizio sociale professionale ed il segretariato sociale un livello essenziale di assistenza ; l’art.5 della medesima legge quadro prevede la internalizzazione del servizio sociale professionale e del segretariato sociale. Ulteriormente articolato e valorizzato nel primo ed unico Piano Sociale Nazionale del 2000. Leggi, che lo dico ai più giovani, furono elaborate attraverso la pratica della condivisone, dei tavoli apparecchiati presso il Ministero della Solidarietà Sociale con la partecipazione di tutti i soggetti competenti ed interessati. Della legge quadro 328/2000 voglio citare alcuni articoli molto dimenticati ma che trattano di un tema molto attuale : l’articolo 23 REDDITO MINIMO D’INSERIMENTO che prevede la discussione in Parlamento entro il 30 maggio 2001della Relazione Tecnica che fu redatta da un gruppo di competenze eccellenti scelte dal Ministero della Solidarietà Sociale contenente una accurata valutazione sulla sperimentazione dell’RMI attuata nel 1998 per poi, con successivo provvedimento, mettere a regime l’RMI medesimo considerato nell’articolo 22della 328/2000 primo livello essenziale di assistenza. L’articolo 28-
INTERVENTI URGENTI CONTRO LA POVERTA’ ESTREMA- con un finanziamento dedicato. Tali norme sono state successivamente abbandonate e riprese vent’anni dopo con la misura del Reddito d’Inclusione Sociale. E’ il caso di dire “ perché perdere vent’anni di tempo? “ Vi è qui una delle patologie del nostro sistema democratico per cui le leggi non vengono valutate nei loro esiti, nel loro funzionamento, nei risultati che conseguono ma abbandonate o radicalmente cambiate solo su opzioni politiche. Dopo vent’anni abbiamo finalmente una misura nazionale ed universalistica contro la povertà. La legge recente istitutiva del Reddito di Inclusione Sociale è una misura molto importante che coniuga sostegno al reddito ed inclusione lavorativa e sociale attiva e nella cui applicazione si è ancora una volta riscontrata la centralità della competenza del Servizio Sociale e dell’Assistente Sociale. Legge elaborata con il coinvolgimento attivo della società attraverso la Alleanza contro la Povertà che considero un evento importante e prezioso avvenuto nel nostro Paese. Un nuovo pilastro delle Politiche Sociali. Va detto che questa legge avrebbe dovuto essere approvata all’inizio della legislatura dotandola di risorse più consistenti. Infine ricordo l’importantissima legge che riconosce e valorizza il Dopo Di NOI , anch’ essa con una storia che inizia con uno stanziamento di risorse nel Fondo per le Politiche Sociali nella Legge Finanziaria 2000, seguìto dal Testo unificato approvato in Commissione Affari Sociali nel 2012 e lì rimasto perché il Governo Monti non lo considerò una priorità e non lo finanziò. Anche questa legge è frutto della competenza delle associazioni e delle famiglie che la proposero al Legislatore. Ribadisco anche in questa occasione la mia gratitudine a queste associazioni ed a queste famiglie. Ho citato in questo breve percorso non tutte le leggi sociali ma quelle importanti per costruire le reti dei servizi e dei professionisti e che prevedono un ruolo centrale del Servizio Sociale.
La fase politica attuale mi pare caratterizzata da un sostanziale disinteresse nei confronti dei temi del welfare, tutto incentrato su Reddito di cittadinanza e sulla Previdenza. Si vagheggiano interventi monetari ma la questione dei grandi beni comuni come la scuola pubblica, la sanità pubblica e la rete integrata dei servizi sociali non sono presenti nel dibattito pubblico.
Preoccupa il dibattito sul reddito di cittadinanza, per due ragioni. Perché in nome dell’ottimo e della novità si interrompe un processo faticosamente avviato ma positivo della applicazione della misura del Reddito di Inclusione Sociale; perché la questione della povertà, soprattutto la povertà minorile che è la grande emergenza del nostro Paese , non si risolve con interventi monetari ma con azioni integrate di presa in carico, con l’attivazione di relazioni umane e sociali , di umanizzazione dei contesti di vita, di miglioramento degli interventi e delle opportunità formative. Perché esso è previsto solo agli italiani, così come l’accesso gli asili nido. E’ quanto si legge nei documenti governativi fino ad predisposti. Sono evidenti per una professione come l’Assistente Sociale ed il Servizio Sociale gli aspetti di incostituzionalità di tale limitazione “solo agli italiani” e la sua contraddizione rispetto all’elementare e fondamentale principio di Inclusione sociale.
In generale in questi ultimi anni abbiamo assistito ad un arretramento culturale che segnala la incomprensione del valore della Rete integrata di interventi, servizi e prestazioni sociali al fine di una presa in carico attiva della persona e per promuovere una effettiva inclusione sociale.
Si è proseguito sulla strada dei bonus e degli interventi monetari come conferma la mancata definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza, alla elaborazione di un Nuovo Piano Sociale Nazionale e la decurtazione pesante delle risorse pubbliche per il Sociale. Le poche esistenti sono frammentate nei diversi Fondi: per la famiglia, per i giovani, per la non autosufficienza, per il sostegno alla locazione, per il Servizio Civile ecc.. Con un impatto negativo sul personale sempre più carico di oneri e responsabilità ed a cui si chiedono molte competenze , personale sempre più scarso rispetto alla quantità e qualità dei bisogni sociali. Con un preoccupante processo si esternalizzazione dei servizi ed anche del personale.
Nonostante le difficoltà proseguono i Piani Di Zona, proseguono in tanti territori politiche sociali innovative. Il punto è la disomogeneità degli interventi.
L’inversione di tendenza, il cambio di passo rispetto alla cultura della 328/2000 è datato 2001 con l’avvento del Governo di Centro-Destra con i Ministri Tremonti, Sacconi, Maroni che avevano teorizzato i Welfare del Dono e della Gratuità in cui il ruolo del pubblico doveva essere quello di valorizzare il volontariato ed il privato sociale considerando secondario il ruolo dei Servizi sociali. A questa svolta culturale e pratica il Centrosinistra non ha sempre reagito con coerente fermezza ed anche l’ultima legislatura, se ha visto le leggi importanti già citate , insieme con la Riforma del Terzo Settore , tuttavia non si è ritenuto prioritario investire sulla Rete Integrata dei Servizi incrementando Fondo Sociale Nazionale ,definire i Livelli Essenziali di Assistenza, investire sulle professioni sociali. Che considero una assoluta priorità per costruire un sistema di welfare attivo e garantire un omogeneo ed equo accesso ai servizi.
IL SISTEMA PAESE ED I NUOVI BISOGNI SOCIALI
La professione dell’assistente sociale fin dalla sua nascita pone alla base della sua deontologia professionale la capacità di individuare i bisogni sociali, di leggere la società e le persone, di sollecitare le istituzioni ad aggiornare le loro risposte e le loro politiche.
Oggi pertanto un grande ruolo del Servizio Sociale è quello di aiutare tutti noi, cittadini ed istituzioni, a capire nel profondo questo nostro Paese, quali sono i bisogni sociali emergenti.
Aumento delle diseguaglianze e delle povertà, emergenza della povertà minorile, cambiamento delle condizioni di vita nelle famiglie e tra i giovani per la mancanza di lavoro e per la precarietà del lavoro, la grande emergenza lavoro.
L’impoverimento delle relazioni umane , la povertà relazionale. Il cambiamento delle famiglie e la grande difficoltà economica e sociale ad avere i figli che si desiderano. Considero questa una grande priorità politica del nostro Paese non riducibile alle misure dei bonus. Sono aumentate le diseguaglianze nella salute: per l’accesso alle cure ed a prestazioni non garantite dal servizio sanitario Nazionale e che risultano troppo costose; per l’impatto che sulla Salute hanno i cosiddetti “Determinanti della salute”: il lavoro, l’istruzione, le relazioni sociali, l’abitazione. Tema cruciale per promuovere una buona ed efficace politica per la salute . Come scrive lo studioso Marmot nel suo libro “La Salute Diseguale”: “a che serve curare le persone e poi riportarle nelle condizioni che le hanno fatte ammalare?” Sono cresciuti di importanza per le famiglie i grandi temi della non autosufficienza, della disabilità, della salute mentale che sono quasi scomparsi dall’agenda dei soggetti pubblici e lasciati alla responsabilità ed alla solitudine delle famiglie. Come se la crisi di questi anni avesse operato una sorta di gerarchizzazione del disagio sociale per quanto riguarda l’intervento pubblico che si è concentrato sul sostegno economico alle famiglie anche perché inedito per numero e qualità di famiglie coinvolte. Lasciando tante volte sole le famiglie con persone fragili. Bisogna, inoltre, misurarsi con i nuovi fattori che generano la diseguaglianza come il fattore tempo. I tempi di vita e di lavoro per alcune fasce di popolazione diventano così difficili da conciliare anche perché si è affermata una “tirannia” del tempo di lavoro sugli altri tempi di vita. Perché è difficile per tante persone trovare un po’ di tempo per sé e per la cura della famiglia. Il tempo diventa fattore di diseguaglianza tra chi può riuscire a conciliare e vivere con pienezza tutti i tempi della vita e chi deve sacrificare il tempo della cura ed il tempo per sé alla tirannia del tempo di lavoro. Per questo resta cruciale la politica tanto auspicata dalla Unione Europea della conciliazione vita lavorativa e vita famigliare attraverso la condivisone delle responsabilità famigliari tra donne e uomini attraverso una coerente strategia dei congedi parentali e di servizi sociali alla persona ed alle famiglie. Ricordo su questo tema l’elaborazione svolta negli anni 80’ -90’ dalle donne che è approdata nelle legge 53/2000 .
E’ aperta da tempo una riflessione sugli effetti della globalizzazione, sul bisogno di sicurezza , di confine, sulla ricerca del guscio entro cui ripararsi, sul bisogno di protezione.
Non c’è dubbio che per tanto tempo abbiamo tessuto le lodi della globalizzazione mettendo in risalto le opportunità che si aprivano per i nuovi continenti, l’importanza per il nostro paese dell’apertura al mondo e di essere competitivo sul piano mondiale. Poi abbiamo cominciato a vedere che la globalizzazione significava anche chiusura di fabbriche, spostamento in altri parti del mondo di nostre produzioni, flessibilità del lavoro, precarietà del lavoro, rottura dei legami sociali. Questo ha ingenerato un sentimento profondo di insicurezza alimentato da una cultura dell’individuo solitario, che fa da se’, dei diritti individuali scissi dai legami sociali. Un individualismo esasperato basato sul mito dell’apparire che riduce la persona umana a consumatore. E’ cosi cresciuta un ‘ idea ed un bisogno di comunità intesa come separazione, chiusura, appunto, il Guscio entro cui difendersi dagli altri, dagli estranei. Questo sentimento profondo di insicurezza ha avuto bisogno di trovare il nemico contro cui scagliarsi ed il nemico sono stati gli immigrati o gli altri soggetti più deboli. Cerchiamo soluzioni individuali a problemi che sono comuni, cerchiamo la salvezza individuale da problemi che sono comuni. Gli estranei diventano il bersaglio contro cui si focalizzano le nostre paure soffuse e frammentate. Contro gli estranei si ricerca la comunità che diventa però una comunità basata sulla divisione, sulla segregazione, sul mantenimento delle distanze. Questa comunità anziché proteggerci aumenta le ragioni dell’ansia, che risiede nel processo di atomizzazione in quel cercare soluzioni individuali a problemi collettivi. Riporto qui una acuta riflessione di Bauman tratta dal suo libro di qualche anno fa “ Voglia di comunità” Ed.Laterza. Scrive Bauman:” Nel nostro mondo sempre più globalizzato viviamo tutti in una condizione di interdipendenza, di conseguenza, nessuno di noi può essere padrone del suo destino. Ci sono compiti con cui ogni singolo individuo si confronta, ma che non possono essere affrontati e superati individualmente. Tutto ciò che ci separa e ci istiga a mantenere le distanze dagli altri , a tracciare confini ed erigere barricate, rende sempre più ardua la gestione di tali compiti. Tutti noi abbiamo la necessità di acquisire il controllo sulle condizioni nelle quali affrontiamo le sfide della vita, ma per la gran parte di noi tale controllo può essere ottenuto solo collettivamente. Proprio qui, nell’espletamento di tali compiti, l’assenza di comunità è maggiormente avvertita e sofferta, ma sempre qui, una volta tanto, la comunità ha l’occasione di smettere di essere assente. Se mai può esistere una comunità nel mondo degli individui, può essere (ed è necessario che sia) soltanto una comunità intessuta di comune e reciproco interesse; una comunità responsabile, volta a garantire il pari diritto di essere considerati esseri umani e la pari capacità di agire in base a tale diritto.” Mi soffermo su questo tema del sentimento di insicurezza, sulla difficoltà a costruire legame sociale perché credo che proprio la costruzione dei legami sociali, la tessitura di comunità sia il compito fondamentale delle politiche sociali e più in generale sia il compito di ciascun cittadino democratico e di una autentica ed efficace politica democratica. Sulla costruzione di relazioni umane che sollecitino le competenze delle persone e sulla tessitura di comunità molto può dare il Servizio sociale ed una professione come quella delle assistenti Sociali.
Il SEVIZIO SOCIALE E LE POLITICHE DI WELFARE
Mi insegnate che c’è un legame molto forte tra il ruolo del Servizio sociale e la qualità delle politiche di welfare. Il nostro sguardo deve partire dall’Europa. Abbiamo bisogno di un Europa Sociale con una precisa e forte Agenda Sociale. Su questo punto , di elaborazione e di battaglia politica , dobbiamo sentirci impegnati come cittadini, professioni, attori sociali che hanno a cuore il valore della solidarietà. Guai se si rompe l’Europa. Le politiche sociali, per la salute, per l’occupazione, per la parità di genere, contro la povertà hanno avuto nell’Unione Europea- nel corso degli anni- pur tra molte contraddizioni, un punto di riferimento importante. Potremmo elencare: le decisioni della Corte di giustizia e degli organi di governo europei che hanno mirato ad estendere da un paese all’altro i diritti sociali dei cittadini europei, il libero movimento dei lavoratori, la salute e la sicurezza sul lavoro, l’uguaglianza di genere, il Fondo sociale europeo, la legislazione sulla non discriminazione, la protezione contro i licenziamenti, l’inclusione sociale, le politiche pensionistiche e sanitarie Sottolineo in particolare il valore della Carta Europea dei Diritti Umani Fondamentali. Che costituisce la carta d’identità di una comunità politica sopranazionale e che è diventata giuridicamente rilevante con il Trattato di Lisbona. La Carta dei diritti disegna un modello sociale europeo distinto e più avanzato rispetto alle altre regioni del mondo. Attraverso le 5 parole chiave - Dignità, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia- sono declinati i diritti- doveri fondamentali che riguardano la complessità delle persona e del tessuto economico e sociale. Nel Preambolo della Carta leggiamo “ Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale , l’Unione si fonda sui valori indivisibili ed universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà. l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.”
Bisogna andare avanti con più Europa e più Europa Sociale.
Bisogna costruire il Welfare delle 3 G :Generazioni, Generi, Genti .Solidarietà tra le generazione; le pari opportunità tra donne e uomini ed anche una nuova relazione, una nuova amicizia, una nuova grammatica dei sentimenti; la convivenza tra italiani ed immigrati. Nella consapevolezza, come insegna l’esperienza che “ insieme si può”. Si possono risolvere i conflitti perché si può lavorare insieme per combattere la povertà, il degrado urbano, la criminalità; insieme si possono costruire contesti di vita umani e sicuri.
Bisogna investire sui grandi beni pubblici come il lavoro, la scuola, la sanità. Promuovere la salute in tutte le politiche come indica l’Unione Europea attraverso Piani Intersettoriali per la salute.
Bisogna investire sulla Rete Integrata sei Servizi Sociali, con servizi sanitari, scuola, inserimento lavorativo. Bisogna promuovere una forte battaglia culturale sul valore dei servizi sociali nella vita delle persone. I servizi sociali sono “oro” nella vita delle persone ma è un oro che non “brilla”. Bisogna farlo Brillare . Bisogna promuovere una nuova idea del Sociale. Non solo politiche specifiche ma il Sociale, la Solidarietà, l’Inclusione Sociale Come Parametro dello Sviluppo economico e sociale. Le politiche sociali come politiche di sviluppo. Ed allora il Sociale, la Solidarietà deve attraversare tutte le politiche della città e le politiche nazionali. Il Sociale e la Salute in tutte le politiche. Il lavoro, l’ambiente, le infrastrutture, l’urbanistica ,la casa, l’istruzione. Bisogna fare il Piano Sociale Nazionale ed il Piano Sociale delle città che non solo indichi i Livelli Essenziali di Assistenza ma traduca concretamente l’idea del Sociale come parametro che orienta l’insieme delle politiche, e declinare le diverse politiche secondo il valore della solidarietà e dell’inclusione sociale che dunque deve essere coordinato dal Presidente del Consiglio, dal Presidente della Giunta Regionale, dal Sindaco della città. Bisogna promuovere un nuovo ruolo del pubblico che deve avere la capacità di programmazione, di scelta nello stanziamento delle risorse ma in più ed in modo spiccato deve porsi come “Sollecitatore di Responsabilità” verso tutti i soggetti economici e sociali. Il Pubblico autorevole, l’istituzione pubblica autorevole è quella che mette attorno ad un tavolo ,per programmare politiche di sviluppo che investano sul capitale umano, sulla lotta alle diseguaglianze , tutti gli attori economici e sociali chiedendo a ciascuno di fare la sua parte. Ma di farlo non in modo frammentato, ciascuno per conto suo ma in modo coordinato secondo una visone condivisa del Benessere Sociale ,condividendo le priorità delle politiche di sviluppo e delle politiche di benessere sociale necessarie al Paese e ad un determinato territorio.
Tanto più in questo tempo in cui il welfare è diviso in tre comparti: il welfare pubblico sempre più residuale; il welfare aziendale; le Fondazioni Bancarie.
Non penso certo che bisogna annullare questa pluralità. Penso che bisogna investire molto di più sulla Rete Integrata dei servizi sociali e sanitari, sui Beni pubblici. Bisogna integrare i tre welfare attorno ad una visione condivisa delle priorità da perseguire , attraverso un azione di Rete. Promossa e sollecitata dalle istituzioni pubbliche.
In questo contesto il ruolo del Servizio Sociale è particolarmente rilevante. Perché costituisce:
IL GARANTE DELLA PRESA IN CARICO DELLA PERSONA NELLA PIENEZZA DELLA SUA DIGNITA’;
IL PILASTRO DELLA RETE INTEGRATA DEI SERVIZI SOCIALI,SANITARI, PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO E SCOLASTICO;
IL PARADIGMA DI UN WELFARE ATTIVO E COMUNITARIO CHE INVESTE SULLE COMPETENZE DELLE PERSONE; SULLE RELAZIONI UMANE ; SULLA COMUNITA’; SULLA EDUCAZIONE E PROMOZIONE DELLA CITTADINZA ATTIVA DELLE PERSONE.
Bisogna rilanciare il Piano Sociale Nazionale ed i Livelli essenziali di assistenza con relativo finanziamenti.
Bisogna valorizzare le professioni sociali puntando sul lavoro in cooperazione, investendo sulla professionalità e valorizzando al contempo la peculiarità di ciascuna. Bisogna rilanciare la figura dell’assistente sociale quale professionista di prossimità, in grado di realizzare il segretariato sociale e di realizzare il servizio sociale professionale secondo il principio della competenza e della responsabilità. I comuni sono pertanto obbligatoriamente tenuti ad assicurare tale servizio evitando esternalizzazioni che ne inficiano la qualità prevedendo al riguardo il calcolo del rapporto assistente sociale popolazione servita pari a 1/5000 abitanti anche attraverso piante organiche intercomunali per le amministrazioni in piccola dimensione, aggregate in Unioni di Comuni.
Il ruolo dell’assistente sociale è fondamentale per promuovere il cambiamento che favorisce l’accesso dei cittadini, soprattutto quelli più fragili, ai servizi territoriali ma anche per costruire sul territorio la rete tra i diversi attori pubblici e privati che vi operano , per attivare buone pratiche, per sollecitare la partecipazione attiva dei cittadini, la loro capacità di proposta e di controllo, ricercando le alleanze possibili con tutti gli attori sociali. Come avete scritto nel vostro Manifesto per il welfare , l’assistente sociale come “ catalizzatore sociale” e “sensore sociale”. Efficacia degli interventi, Partecipazione attiva, Connessione tra le diverse istituzioni: sono gli ingredienti preziosi della vostra professione.
Da cittadina , militante del sociale, che ha sempre avuto a cuore la professione dell’assistente sociale vedo oggi 4 funzioni preziose che solo voi potete svolgere:
1) promuovere cittadini competenti;
2) promuovere legami sociali e comunità;
3) incidere nell’agenda politica portando la vostra competenza ed esperienza in tutti i luoghi della discussione pubblica, della partecipazione e della decisione politica;
4) promuovere una battaglia culturale per far capire il valore dei servizi sociali, essenziali non solo per le persone fragili ma per la qualità della vita di ciascuna persona e per il benessere della società. Bisogna far brillare l’Oro contenuto nei servizi sociali.
l compito che sta difronte a tutti noi è quello di costruire una società più giusta e più umana. “Prendersi cura delle persone” è un dovere di ciascuno di noi, è compito della politica, è compito delle politiche di welfare. Per vivere meglio tutte e tutti, italiani e immigrati; per vivere sicuri e sereni. Per lasciare una Società Umana ai nostri figli.
Livia Turco
Relazione al Convegno degli assistenti sociali - Trento 20 settembre 2018