Livia Turco, ex ministro della Solidarietà Sociale e della Salute e soprattutto figura storica della militanza di sinistra e del movimento delle donne, insieme a Chiara Micali, giornalista con alle spalle anni di esperienza all’Unicef e poi all’Agenas, hanno appena esordito in libreria con un libro difficile che si intitola “Per non tornare al buio. Dialoghi sull’aborto”.
Un libro “tosto”, come si diceva una volta. Per il tema, l’aborto, e il metodo scelto per parlarne, a metà tra saggio e inchiesta giornalistica.
“Aborto, parola dura da pronunciare, tema difficile da trattare. Tornare a parlarne è scomodo”, scrive la stessa Livia Turco, consapevole che la scelta di dedicargli un libro potrebbe non essere capita dai più.
Ma, con la caparbietà e la capacità di analisi che la contraddistinguono, l’ex ministro ed ex parlamentare, ora presidente della Fondazione Nilde Iotti, decide di affrontare il tema da un punto di vista oggi raro, quello della comprensione dei fenomeni, prima che della loro codifica a priori.
E’ il caso, su tutti, della questione delle questioni, quella che ha ispirato la scelta di scrivere questo libro: l’obiezione di coscienza dei medici e degli altri operatori sanitari.
Non aspettatevi una tiritera contro i medici obiettori. In questo libro Livia Turco e Chiara Micali hanno scelto un altro approccio, quello dell’ascolto e dell’analisi e lo hanno fatto andando a parlare direttamente con 8 ginecologi obiettori messi a confronto nelle loro ragioni con 11 non obiettori.
Quelli che possiamo leggere nel libro sono dialoghi inediti, anche molto sinceri e che, forse per la prima volta almeno in una dimensione così pubblica come può essere quella di un libro, mettono a nudo ragioni e motivazioni di una scelta professionale e personale allo stesso tempo. Che, per qualcuno, è diventata anche una scelta di vita e che mai finora era stata scandagliata così a fondo con l’intento di “capirne” le ragioni e le motivazioni, senza frapporre un giudizio valoriale aprioristico.
Le interviste sono tutte da leggere, se non altro per il vissuto che ne emerge, sia sul piano dell’essere medico che dell’essere “persona” di questi professionisti.
Ma il libro di Livia Turco e Chiara Micali ha secondo me un obiettivo “altro”, dichiarato, ma che rischia di passare in secondo piano rispetto al tema centrale dell’aborto.
L’obiettivo è quello di provare a ragionare su un doppio fenomeno, probabilmente parallelo e non interconnesso ma dagli effetti comunque emblematici del Paese Italia di questi ultimi anni: il calo continuo e costante delle interruzioni volontarie di gravidanza e il calo altrettanto continuo e costante delle nascite.
In Italia, per la prima volta, gli aborti sono scesi sotto quota 90 mila. Se si pensa che nel 1982 erano quasi 235 mila (fu l’anno con il maggior numero di Ivg dall’entrata in vigore della legge 194 del 1978), il calo è impressionante.
Ma altrettanto impressionante è il calo costante delle nascite, ormai stabilmente sotto le 500 mila annue (nel 2015 si è toccato il record negativo di poco più di 485mila nuovi nati e le proiezioni 2016 confermano un ulteriore calo).
“L’esperienza materna è stata confinata in un cono d’ombra - riflette Livia Turco - perché costa molta fatica per le donne, perché le parole a essa dedicate sono prevalentemente «costo»: per le aziende, per le famiglie, per il welfare. Ma il cono d’ombra ha ragioni più profonde. Attiene al piano simbolico e alla narrazione culturale”.
“La mia generazione, quella che ha vissuto la maternità senza accettare rinunce sul piano professionale e della libertà individuale, che ha vissuto il figlio come gioia intima e profonda, ma non sempre si è data e ha avuto il tempo per goderne la vicinanza – scrive ancora l’ex ministro - non ha percepito il problema di scrivere una nuova narrazione della maternità, di rappresentarla sul piano simbolico, di raccontarla con parole nuove, le parole della nostra esperienza”.
“Stiamo diventando una società sterile – scrive ancora Livia Turco - anche perché le relazioni umane si impoveriscono, perdono forza e calore”.
“L’etica della cura, che si sprigiona in modo particolare nell’esperienza della maternità, ma che appartiene al materno che vive in ciascuna donna, può immettere nella società e nella relazione con gli altri energia, fiducia, calore umano, ottimismo”.
“È il rovesciamento della mistica della maternità è l’idea che la relazione e la cura degli altri, dei bambini, dei vecchi, non sono responsabilità e destino privato e che non c’è specificità femminile nel costruire gli asili nido, nel promuovere i congedi parentali, nel prevedere assegni per i figli”, riflette l’autrice che pone a questo punto una questione “politica”: “Siamo di fronte a scelte fondamentali di politica economica e sociale, che possono essere arricchite con nuove iniziative”.
Ed ecco la proposta: “Il governo potrebbe istituire, presso la Presidenza del Consiglio, un Tavolo permanente sulle politiche di sostegno alla maternità e paternità che coinvolga tutti i ministeri, tutti gli attori economici e sociali, le Regioni e gli Enti locali per promuovere e coordinare le politiche di condivisione tra lavoro e cura delle persone; le politiche di sostegno alla maternità e paternità, per la cura dei figli”.
Ma questo salto tematico dal tema aborto al tema maternità si trasforma, nel libro di Turco e Micali, in un filo narrativo unico, come traspare benissimo da queste parole che aprono la lettera aperta “alle ragazze e ai ragazzi” di oggi che introduce il volume:
“Voglio parlarvi di un tema duro, difficile persino da dire, carico di sofferenza e di implicazioni morali: l’aborto.
Voglio parlarvi di questo tema difficile per condividere con voi l’impegno e la speranza di una società libera dall’aborto, per costruire con voi una società materna, che sia accogliente del figlio che nasce, della maternità e della paternità.
Mi addolora pensare che tante volte voi giovani dovete rinunciare al desiderio di un figlio perché le condizioni economiche e sociali non lo consentono.
Mi addolora perché ho vissuto la bellezza della maternità, e nel mio impegno politico e istituzionale ho promosso leggi e provvedimenti a sostegno della maternità e paternità e per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Se avere un figlio diventa un lusso siamo una società povera, sterile, disumana.
Per questo voglio parlarvi dell’aborto. Per dirvi che esso è un dramma, anche quando è frutto di una libera scelta. Un dramma che bisogna prevenire, che bisogna in ogni modo scongiurare di vivere, sia da giovani che da adulte. Aborto è la soppressione di una potenzialità di vita che diventerebbe figlio, se fosse accolta dal grembo materno. Le donne possono raccontarvi quanto sia duro vivere questa triste necessità, quale scacco del pensiero, quale sofferenza, quale senso di sconfitta e di perdita.
Voglio parlarvi dell’aborto perché mi consente di raccontarvi una storia bella e positiva di questo nostro paese che ci testimonia concretamente che l’aborto si può sconfiggere, che le donne possono scegliere liberamente la maternità e crescere con gioia i propri figli”.
“Per non tornare al buio” è infatti un lungo messaggio a più voci, delle autrici e dei professionisti intervistati che insieme hanno composto un’opera corale che è un vero e proprio “messaggio” per le nuove generazioni che non hanno mai vissuto, neanche da lontano quel periodo terribile e insieme vitalissimo per la società e la politica, che furono gli anni’70.
Cesare Fassari
da: Quotidiano Sanità
Livia Turco
Per non tornare al buio
Dialoghi sull’aborto
A cura di Chiara Micali
Ediesse, 221 pagine, 14 euro