Il Blog di Livia Turco

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Month: Ottobre, 2008

Interrogazione al governo sui tagli ai fondi sanitari

16 Ottobre, 2008 (14:47) | Documenti | Da: Livia Turco

Con un’interpellanza al Ministro Sacconi, Livia Turco e altri parlamentari, hanno chiesto conto dei tagli agli stanziamenti per l’ammodernamento della rete sanitaria pubblica che erano stati adottati dalle finanziarie del Governo Prodi.

leggi il testo integrale dell’interpellanza

interpellanza al ministro Sacconi

Da governo nuovo colpo a sanità: ancora tagli per 1,2mld

15 Ottobre, 2008 (10:00) | Dichiarazioni | Da: Livia Turco

Dopo i tagli al fondo sanitario nazionale di 5,5 miliardi di euro nei prossi tre anni, la scure del Governo cala anche sui fondi in conto capitale, quelli per ammodernare la rete dei servizi sanitari e l’acquisto di nuove teconologie. Nelle pieghe della finanziaria, infatti, si scopre che il Governo ha deciso un altro taglio infliggendo un duro colpo al servizio sanitario pubblico: solo per il 2008 è di 1,2 miliardi di euro il taglio ai fondi destinati alla costruzione di nuovi ospedali. In tal modo il combinato disposto del decreto estivo n.112 e della manovra finanziaria per il 2009 mette in discussione i fondi che il governo Prodi aveva stanziato con la finanziaria per il 2008 per la costruzione di nuovi ospedali, la ristrutturazione di quelli esistenti e la realizzazione di nuovi servizi territoriali. Solo per il 2008 erano previsti 1,6 miliardi di euro per l’edilizia ospedaliera che il governo Berlusconi ha ridotto drasticamente a 400 milioni di euro: un taglio di oltre 1,2 miliardi che avrà effetti drammatici sui cittadini e sui bilanci delle Regioni, soprattutto le più virtuose, che si sono già indebitate per quegli investimenti. Per non parlare dei fondi per il 2009 ed il 2010 che sono stati letteralmente falcidiati. Da questi tagli chiuderanno numerosi cantieri in tutta Italia che noi eravamo riusciti faticosamente ad avviare. E’ un’ulteriore conferma dell’irragionevolezza della manovra finanziaria del Governo, tutta a danno dei cittadini, alla quale il Pd si opporrà fortemente fuori e dentro il Parlamento.

«Il testamento biologico? Prima le cure palliative»

9 Ottobre, 2008 (18:28) | Interviste | Da: Livia Turco


Intervista a Livia Turco di Alessandro Calvi, da “Il Riformista” dell’8 ottobre 2008

 

«Non vorrei scandalizzare nessuno ma credo che sia più importante che tutti possano avere cure palliative e non essere soffocati dal dolore che non decidere in anticipo su idratazione e nutrizione».

E invece qualcuno ascoltando Livia Turco forse si scandalizzerà. Il dibattito sul fine vita è infatti tornato incandescente ora che il Parlamento ha riaperto un dossier che, dopo due anni di scontri sul testamento biologico, sembrava convenisse a tutti lasciare chiuso. A costringere tutti a tornare ai posti di partenza è arrivato il caso di Eluana Englaro. Proprio oggi la Corte Costituzionale dovrebbe iniziare ad occuparsi del conflitto di attribuzione sollevato dal Parlamento contro la Cassazione. E sempre oggi a Milano il tribunale dovrebbe pronunciarsi sulla esecutività della pronuncia che autorizza l’interruzione della nutrizione della ragazza. Ma anche la politica si fa sentire. Ieri il ministro Sacconi ha parlato della necessità di una legge «leggera» sul testamento biologico mentre la sottosegretaria Roccella ribadiva che una legge si farà presto.

«Tante volte - spiega la Turco - mi ha colpito la solitudine delle persone vicine alla morte. È questa la più inaccettabile delle disuguaglianze tra le persone. Ed è una disuguaglianza che va accentuandosi». Ci sono anche considerazioni come questa dietro l’importanza che Livia Turco dà a quanto sta avvenendo alla Camera. Mentre in Senato sono iniziate da tempo le grandi manovre sul testamento biologico, alla Camera ci si muove per costruire l’altra colonna di una impalcatura che complessivamente dovrebbe regolare il fine vita: una legge sulle cure palliative e le terapie del dolore. «L’aver incardinato questa legge è una cosa importante», premette la Turco che ne rivendica il merito all’opposizione. E spiega che tra i punti qualificanti delle proposte di legge sul tappeto - una a sua firma, un’altra a firma, manco a dirlo, di Paola Binetti - c’è «la promozione, tra i livelli

essenziali di assistenza, degli interventi per la dignità del fine vita». Ciò significa, spiega ancora la Turco, «costruire un piano nazionale per le cure palliative, promuoverle nell’assistenza ospedaliera e domiciliare, semplificare la burocrazia che ora è infinita se si vuole prescrivere un farmaco antidolore. Infine, la misurazione del dolore nella cartella clinica deve diventare parte integrante della normale attività clinica». Tutto ciò perché «siamo gli ultimi in Europa», dice l’ex ministro, mentre «evitare il dolore deve diventare parte della cura e della assistenza».

Nella scorsa legislatura «si sarebbe già potuta approvare una legge», dice la Turco che spiega di non dirlo «con spirito polemico» ma che «era più importante del testamento biologico». Ciò, però, non è avvenuto. Forse perché una riflessione seria è iniziata da poco ma «forse anche per la violenza dello scontro ideologico». «C’è sempre stato un accanimento su questi temi, ma così si è perso di vista un sano riformismo. Nel dibattito pubblico entra soltanto ciò su cui ci si divide, anche se non si tratta sempre dei temi più rilevanti».

Dunque, occorre una mediazione che la Turco ritiene si possa costruire anche sul testamento biologico o dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat). È però importante, spiega, partire dal rapporto medico-paziente che deve essere basato sulla fiducia, così come centrale deve essere la figura del fiduciario al quale viene affidata la cura delle dichiarazioni anticipate. «È difficile dire in anticipo quali sono i trattamenti che si vorranno - spiega la Turco - ma si può dire che di una certa persona ci si fida e che può prendere decisioni». È questo, secondo l’ex ministro, anche un modo per ribadire e garantire per altra via l’attualità delle scelte “cristallizzate” nelle Dat che, in ogni caso, «non possono valere per sempre e vanno rinnovate». Ciò detto, «la mediazione si può trovare soltanto con l’aiuto della comunità medico-scientifica come quando si stabilirono i confini della

morte cerebrale. Lo stesso deve accadere per lo stato di coma vegetativo permanente. Sciolto questo nodo, le altre questioni come quella sulla nutrizione sono facilmente risolvibili. Ma oggi c’è un vuoto della scienza e non si può certo chiedere alla politica ciò che non riesce a fare la scienza». Già, però nel frattempo la realtà non aspetta e alla fine a prendere decisioni è sempre più spesso la magistratura, come insegnano i casi Welby o Englaro. E in questo c’è una grande responsabilità della politica. «Vero - risponde la Turco - come però è vero che tra la posizione “etica” della Binetti e quella “politica” di Marino è possibile una via di mezzo».

Una legge contro il dolore

6 Ottobre, 2008 (13:20) | Documenti | Da: Livia Turco

Riconoscimento pieno del diritto dei cittadini ad accedere alle terapie contro il dolore e alle cure palliative. Senza discriminazioni e superando le attuali deficienze normative e assistenziali che vedono l’Italia in coda nella lotta al dolore rispetto agli altri Paesi europei.

E’ questa la finalità principale della proposta di legge, prima firmataria Livia Turco, presentata il 22 maggio scorso ed ora finalmente in agenda alla Commissione Affari Sociali della Camera.

Un ddl organico per venire incontro alle esigenze di centinaia di migliaia di persone affette da dolori cronici o conseguenti di malattie molto gravi che, in almeno il 50% dei casi, non è in Italia assistito a dovere contro il dolore.

Prima di tutto occorre semplificare le norme per la prescrizione dei farmaci specifici e per questo il ddl prevede che si possa prescriverli usando il ricettario normale superando così il ricettario speciale la cui difficile reperibilità è causa di molte disfunzioni nella fruibilità di questi farmaci. Nello steso tempo si vuole ampliare la sfera di prescrizione dei farmaci oppiacei anche a patologie non oncologiche e quindi per le malattie croniche e invalidanti.

E poi nuovo impulso agli ospedali senza dolore e il via ad un vero e proprio piano di finanziamento triennale per lo sviluppo della rete delle strutture per le cure palliative.

Clicca qui per leggere il testo integrale del ddl

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La Sanità di Berlusconi: una ricetta sbagliata

6 Ottobre, 2008 (10:44) | Articoli pubblicati | Da: Livia Turco

La sanità non funziona? La ricetta di Berlusconi è semplice: federalismo fiscale e privatizzazione degli ospedali. La nuova uscita del presidente del Consiglio va presa sul serio e analizzata bene. A partire da quella panacea di tutti i mali che rischia di diventare il federalismo fiscale. Berlusconi dice che solo dando autonomia e responsabilità tributaria alle Regioni i conti pubblici potranno essere messi a posto. Peccato che per la sanità il progetto Calderoli sia al momento inapplicabile. Il perché è presto detto. Il ddl prevede che il finanziamento pubblico sia erogato sulla base di costi standard ottimali secondo determinati indicatori. In altre parole finanziare solo il “giusto” e nulla di più per ogni prestazione o servizio. Un obiettivo ovviamente condivisibile e sul quale occorre lavorare, sapendo però che ci vorrà tempo e grande attenzione e questo perché, purtroppo, il nostro sistema sanitario non è attualmente in grado di effettuare la standardizzazione dei suoi costi. E a dirlo non sono l’opposizione o qualche disfattista ma l’Istat, l’Isae e la Ragioneria generale dello Stato che, nel corso di una recente audizione in Parlamento, hanno fatto presente che i data base per poter calcolare i costi standard sono tutti da costruire. “Di conseguenza - come ha giustamente notato un esperto di finanza come il professor Paladini dell’Università La Sapienza di Roma - non si hanno neppure informazioni attendibili su quali siano i rapporti tra la spesa sanitaria storica e quella calcolata sui costi standard per ciascuna regione”.

E allora di che parliamo? Di qualcosa che non c’è e che non ci sarà a breve ma che si sbandiera come ricetta risolutiva già pronta all’uso per colpire sprechi e inefficienze. Solo fumo negli occhi, quindi, anche per coprire la realtà di oggi, fatta di tagli ai finanziamenti, con una riduzione del fondo sanitario di ben 6,5 miliardi in tre anni decisi dalla manovra di luglio, e alle prestazioni, con il ridimensionamento dei livelli essenziali di assistenza già annunciato dal governo.

E veniamo alla seconda ricetta, quella della privatizzazione degli ospedali. Anche qui occorre ragionare con calma senza fermarsi alle pur giuste dichiarazioni di principio sul primato del pubblico in un ambito delicato come quello della tutela della salute. Il tema del rapporto pubblico-privato in sanità non è infatti nuovo. Sono anni che se ne dibatte senza essere riusciti a compiere effettivi passi avanti. Come ho già avuto modo di dire al ministro Sacconi, che con il suo Libro Verde sul Welfare ha aperto un’autostrada ideologica per favorire l’ingresso di forti privatizzazioni nel sistema di protezione sociale italiano, ribadisco anche oggi al presidente del Consiglio che non siamo certo noi Democratici a paventare l’efficienza e la qualità del privato in sanità (quando ci siano realmente).

Il punto è un altro. La sanità è un settore troppo complesso e delicato per pensare di risolverne i problemi con qualche parolina magica. Privatizzare gli ospedali. Ma cosa vuol dire? Si sta forse pensando a tante “cordatine” alle quali svendere un patrimonio di competenze professionali e tecnologiche fatto di centinaia di ospedali e di decine di migliaia di professionisti, tenendoci i debiti e dando ai privati i profitti? Spero proprio di no. E allora ragioniamo su come far sì che i nostri ospedali tornino ad essere quello che dovrebbero essere e cioè dei luoghi per la cura delle patologie acute, dove si fa ricerca e formazione, ben integrati nel sistema sanitario locale e in costante collegamento con i servizi medici territoriali.

Non esistono ricette uniche o modelli validi per ogni luogo o realtà. Ma è certo che su alcune linee generali c’è una radicata condivisione. Prima di tutto sulla loro dimensione. Oggi non ha più senso avere tanti piccoli ospedali, occorre che essi siano riconvertiti offrendo ai cittadini di quelle località valide alternative e la certezza di avere comunque facile accesso ad un ospedale rinnovato e moderno.

Nei due anni scarsi di governo del centro sinistra abbiamo fatto molto in questa direzione. A cominciare dal riammodernamento strutturale e tecnologico della nostra rete sanitaria. Abbiamo infatti siglato ben 13 accordi di programma con 11 regioni italiane, per un totale di 1 miliardo e 900 milioni di euro stanziati per la realizzazione di 335 interventi in edilizia e tecnologie sanitarie. Grazie a questi accordi si stanno costruendo 11 nuovi ospedali, se ne amplieranno altri 25 e se ne ristruttureranno altri 194. Parallelamente si è investito sul territorio, avviando oltre 80 interventi di riassetto dei servizi di sanità extraospedaliera nella logica della rete e della risposta ai nuovi bisogni assistenziali.

Ma non ci siamo fermati qui. Con le nostre due leggi finanziarie abbiamo infatti stanziato altri 5,5 miliardi di euro ai quali si aggiungono ulteriori 3 miliardi di euro dei fondi strutturali europei destinati ai servizi sanitari del mezzogiorno. Insomma abbiamo messo sul piatto un totale di poco meno di 10,5 miliardi di euro di investimenti, con l’obiettivo di ridisegnare completamente il contesto, la struttura e la stessa organizzazione operativa della sanità italiana.

E’ stato un grande lavoro di cui si è parlato purtroppo poco ma che consentirà di dare agli italiani una rete sanitaria pubblica completamente rinnovata nel giro di pochi anni. Il presidente Berlusconi e i suoi ministri, invece di parlare di project financing con il privato senza sapere che sono già in atto, sarebbe bene si occupassero di gestire gli investimenti che gli abbiamo lasciato in eredità, monitorando la realizzazione delle opere per tenere sotto controllo tempi e costi di attuazione.

E se il privato vuole portare il proprio contributo a questa grande opera di ammodernamento del Paese, ben venga se sarà capace di promuovere nuove opportunità e nuove possibilità di tutela e di servizi.

Ma stiamo attenti alle sirene di un privato di per sé efficiente e migliore. Rischieremo di svendere un patrimonio straordinario, che appartiene a tutti gli italiani, per un piatto di lenticchie.

Livia Turco

(articolo pubblicato su L’Unità del 4 ottobre 2008)

Povertà: prevenirla e combatterla si può

1 Ottobre, 2008 (12:47) | Documenti | Da: Livia Turco

Prevenire e combattere la povertà, con tutti i mezzi e le iniziative possibili e a disposizione delle istituzioni. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep) previsti dalle legge 328 del 2000 ma mai ratificati. Previsione di un “reddito minimo di inserimento” per le famiglie sotto la soglia di povertà. Nuove iniziative contro la discriminazione dei migranti. Sono solo alcune delle misure e delle iniziative proposte dalla “mozione per il contrasto della povertà e della diseguaglianza sociale” presentata il 25 settembre scorso alla Commissione Affari Sociali della Camera per iniziativa di Livia Turco e di altri parlamentari. La Commissione ha già avviato il dibattito e si attende ora il voto finale nelle prossime settimane.

Clicca sotto per leggere il testo integrale della mozione

testo mozione povertà