di Livia Turco - da L’Unità del 13 luglio 2008
Bluff, cinismo, gioco delle tre carte: come altro definire l’abrogazione del ticket che in realtà non è abrogato?
Se non fosse che è in gioco la salute dei cittadini l’articolo 60 bis del Governo, inserito di soppiatto, nel decreto sullo sviluppo economico potrebbe essere motivo d’ironia e non solo di polemica politica. Ma, appunto, è in gioco la salute dei cittadini. E, di fronte ad essa, vogliamo cercare sempre una scrupolosa, soluzione dei problemi.
È innanzitutto la serietà ciò che
manca a questo governo.
Infatti, il citato emendamento prevede l’abolizione del ticket di 10 euro sulla specialistica per il 2009, ma lo Stato mette a disposizione soltanto 50 milioni su 834 milioni necessari. I rimanti 707 milioni sono a carico delle Regioni le quali, potranno anche ripristinare il ticket medesimo. 7 milioni derivano dalla riduzione dell’indennità dei direttori delle aziende delle ASL e dei Direttori Sanitari! Altri 60 milioni dalla riduzione d’organismi politici e apparati regionali.
È bene ricordare che il Governo Prodi considerando l’introduzione di quel ticket un errore compiuto, stanziò per la sua sospensione 350 milioni di euro nel 2007 e 834 milioni di euro nel 2008.
Dunque come abbiamo fatto noi possono fare anche loro decidendo di cancellare definitivamente una misura iniqua e sbagliata.
Il governo sceglie invece di fare lo scaricabarile sulle regioni dimostrando irresponsabilità e cinismo e provocando una rottura del rapporto di fiducia tra Istituzioni. Purtroppo il bluff del ticket non è l’unico aspetto grave della politica del Governo Berlusconi nel confronto della Sanità. Si ritorna ai tagli e si dimenticano i grandi temi della sanità pubblica come la messa in sicurezza degli ospedali, la prevenzione del rischio clinico, la promozione della medicina territoriale attraverso un sistema di cure primarie, la formazione dei medici e operatori ed il raccordo tra Università e Ospedali.
Per non parlare del rinnovo del contratto dei medici e l’assorbimento delle situazioni di precarietà nel servizio sanitario nazionale. Al contrario, la sanità torna ad essere solo un problema finanziario di razionamenti delle risorse anzi di tagli. Torna ad essere materia di grave conflitto istituzionale ed è quello che più ci preoccupa.
Il diritto alla salute ha bisogno di regole e risorse certe, di condivisione, di gioco di squadra: tra i livelli istituzionali, tra istituzioni, manager, operatori ed associazioni dei cittadini.
Con il decreto sullo sviluppo le regioni si trovano obbligate a discutere “Un Patto dei Tagli” e non l’aggiornamento del “Patto della Salute” siglato nel 2006, aggiornamento che dovrebbe partire da un a valutazione dei risultati ottenuti. Nel decreto sullo sviluppo invece il governo decide in modo unilaterale il finanziamento statale per l’anno 2010- 2011 alla sanità pubblica. Alla sanità è assegnato il compito di un risparmio sul tendenziale che dovrebbe ammontare a 2 miliardi di euro per il 2010 e 3miliardi di euro per il 2011. Questo senza tenere conto del fatto che il settore sanitario aveva gia contribuito al riequilibrio dei conti pubblici nel 2007 grazie ad una diminuzione del tasso d’incremento della spesa pari allo 0,9% e grazie alla riduzione del rapporto tra spesa sanitaria pubblica e pil che è passato dal 6,85% nel 2006 al 6,66% nel 2007.
Quando definimmo il «Patto per la Salute» partimmo dalla condivisione del fabbisogno in termini di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale e costruimmo una politica che cercava di coniugare l’equità con l’efficienza, il contenimento dei costi con la promozione della qualità delle prestazioni. Le cifre parlano da sole: il finanziamento statale del Servizio Sanitario Nazionale passò da 90 miliardi nel 2006 a 102,500 miliardi nel 2008.
Le risorse per investimenti destinate all’ammodernamento e per la messa in sicurezza degli ospedali da 17 a 23 miliardi di euro. A questo vanno aggiunte le risorse per il vaccino Papilloma Virus per prevenire il tumore alla cervice uterina, interventi per la salute delle donne, le «Case della Salute», la previsione d’indennizzo per danneggiati da emotrasfusioni, il potenziamento delle cure palliative e degli interventi per le cure di fine vita.
Nel decreto sullo sviluppo inoltre il Governo impone alle Regioni la riduzione dello standard dei posti letto, la riduzione stabile degli organici in sevizio e il conseguente ridimensionamento dei fondi per la contrattazione integrativa. Interviene anche sulle condizioni dei medici del Servizio Sanitario Nazionale attraverso una modifica del Decreto Legislativo 66/ 2003 in materia di organizzazione dell’ orario di lavoro, disponendo che al personale delle aree dirigenziale degli Enti e delle Aziende del Servizio Sanitario non si applichino i limiti dal citato decreto legislativo,relativi alla durata massima settimanale dell’orario di lavoro e alla durata minima dell’orario giornaliero, ledendo cosi il diritto di tutti i lavoratori nel recupero delle energie psicofisiche.
Ancora più grave è la visione delle Politiche Sociali. Il Fondo per le Politiche Sociali ottiene 300 milioni di euro per il solo 2009 e restano cancellati il Fondo per le Politiche di Integrazione degli immigrati e fino ad ora il fondo per il «Centro Nazionale per le Politiche dei Migranti e le Povertà». In nome della semplificazione delle procedure e dei minori costi delle imprese, si indeboliscono gli obblighi del datore di lavoro nell’assunzione delle persone disabili cosi come previsto dalla legge 68/99. In nome della lotta agli abusi e gli sprechi si predispone per il 2009 un piano straordinario di 200 mila accertamenti nei confronti di persone con invalidità civile da cui , il governo prevede un risparmio di 100 milioni annui, mettendo così in discussione il decreto da noi fatto lo scorso anno che prevede per le invalidità gravi l’esonero della ripetizione dell’accertamento dello stato di invalidità.
Poi ancora un’altra perfidia! I permessi previsti dall’articolo 33 della legge 104/92 a tutela delle persone con grave inabilità potranno essere usufruiti alternativamente soltanto in ore e non i giorni. Per non parlare della «Carta Sociale» per l’acquisto di beni alimentari e degli sconti sulle bollette della luce che al di la di qualsiasi considerazione di efficacia e di dignità della persona, può contare di una dotazione certa di soli 200 milioni di euro per il 2008. Ciò che colpisce è una visione della politica sociale come fatto residuale, affidato alla discrezionalità del potere pubblico e alla filantropia.