Il Blog di Livia Turco

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Categoria: Interviste

Intervista a Livia Turco su l’Unità

8 Giugno, 2023 (14:54) | Interviste | Da: Redazione

Livia Turco. Più volte parlamentare, già ministra per la Solidarietà sociale (1996-2001) e ministra della Salute (2006-2008), oggi fa parte della Direzione nazionale del Pd. Nel 2022 ha scritto un libro, molto bello, che racchiude un’esperienza di vita, politica e personale: Compagne. Una storia al femminile del Partito comunista italiano (Donzelli Editore).

Può esistere e avere un futuro una sinistra che non abbia un pensiero forte su guerra, migrazioni, cambiamenti climatici, disuguaglianze?
No, non può esistere una sinistra che non sia dotata di un pensiero forte, di una visione della società. Bisogna analizzare i processi sociali e culturali con gli occhi della dignità umana, della giustizia, della uguaglianza. Bisogna scegliere chi si vuole rappresentare con l’ambizione di costruire un progetto che parli a tutta la società. La sinistra deve rappresentare i giovani, con i loro tormenti, debolezze e le loro potenzialità di lotta e di cambiamento. Le donne, anello cruciale della trasformazione sociale e culturale del mondo cambiamento. I lavoratori e le lavoratrici impegnati in lavori profondamente mutati, in cui le persone reclamano, in ogni forma del lavoro, sia in quelle più precarie e sfruttate sia in quelle, più qualificate, un diverso rapporto tra il tempo di lavoro e gli altri tempi della vita. Tutte le ferite sociali ma anche le forze produttive che hanno compreso che l’inclusione sociale, la valorizzazione del capitale umano conviene anche a loro per realizzare una qualità adeguata dello sviluppo a partire dalla tutela della terra e dell’ambiente. I nuovi e le nuove italiane, quei cittadini del mondo che vivono in mezzo a noi e rendono migliore la nostra società, avendo l’ambizione e la determinazione di costruire insieme una società plurale.

Come?
Una cultura politica ed un progetto non si costruisce nel chiuso di élite ma facendo agire una pratica politica, quella che si prende cura delle persone, le guarda in faccia, condivide i loro problemi e cerca di risolverli; la pratica politica della relazione umana, della comunità e del conflitto, della lotta per migliorare la propria condizione di vita. Per costruire un progetto ed una cultura politica bisogna sempre essere in viaggio, con gli occhi che scrutano, il cuore che ascolta, la mente che riflette. Bisogna essere popolo, bisogna attivare un noi plurale. Il progetto di una sinistra che vuole rinascere è secondo me, Un Nuovo Umanesimo, scandito dalle parole chiavi de: la coscienza del limite, contro ogni forma di mercificazione, la eguale dignità delle persone, il valore dei lavori, il prendersi cura delle persone, uno sviluppo economico e sociale basato suoi grandi Beni Comuni, la società della convivenza e la cittadinanza plurale, la comunità competente e la democrazia della cura, per ritessere il rapporto tra le persone e la politica, ricostruire il senso della rappresentanza politica e restituire dignità e forza alle istituzioni della politica. Il PD è nato nel 2007 sulla condivisione di un Manifesto di valori. Dopo la sconfitta elettorale alle elezioni politiche del 2022, ha elaborato, su forte impulso di Enrico Letta e con un contributo plurale, il Manifesto del Nuovo PD Italia2030 che considero un ottimo avvio del lavoro di innovazione e costruzione che dobbiamo fare.

Quanto e come può pesare il pensiero di Antonio Gramsci oggi per una sinistra alla ricerca di un pensiero forte e di una visione di sé e del mondo?
È opinione largamente condivisa che il pensiero di Antonio Gramsci, studiato in tutto il mondo, contenga analisi e categorie politiche utili per interpretare il tempo presente. Su questo giornale Michele Prospero ha richiamato alcuni dei concetti chiave del pensiero gramsciano. Proprio in questi giorni, di fronte agli efferati femminicidi, che confermano come il problema della violenza sulle donne debba prevedere una presa di parola autorevole da parte degli uomini ed una messa in discussione della propria identità e della propria sessualità, ho sentito il bisogno di andare a rileggere un articolo pubblicato su l’Avanti, scritto da Antonio Gramsci il 22 Marzo del 1917 La morale ed il costume. (Casa di bambola di Ibsen al Carignano) dedicato allo spettacolo teatrale di Enric Ibsen, in cui la protagonista- Nora Elmar- ad un certo punto della sua vita “abbandona la casa ,il marito e i figli per cercare solitariamente se stessa, per scavare e rintracciare nella profondità del proprio io le radici robuste del proprio essere morale, per adempiere ai doveri che ognuno ha verso se stesso prima che verso gli altri”. Si chiede Antonio Gramsci “perché questa parte dello spettacolo è stata accolta con un debole applauso da parte del pubblico mentre le altre parti della rappresentazione teatrale avevano avuto grande consenso”?. Gramsci ha indagato la questione femminile mettendo in risalto la relazione tra donne e uomini e l‘importanza di una nuova coscienza maschile e femminile. Tale tema è una costante del suo pensiero ed anche della sua azione come testimoniano le dirigenti dell’Ordine Nuovo, come Teresa Noce, che racconta Gramsci che andava a casa dei compagni e li rimproverava di non coinvolgere le loro mogli e figlie nella discussione politica e dava lui l’esempio, mettendosi a parlare di politica, mentre aiutava le donne a svolgere i lavori domestici e coinvolgendole attivamente nella discussione. Va poi ricordata la Nota 62 “Questione sessuale” e quella relativa a “Alcuni aspetti della questione sessuale” in Americanismo e fordismo. In apertura della nota troviamo una considerazione di carattere generale che identifica nella regolamentazione della sessualità l’assillo di quanti hanno voluto progettare la società nuova. Insomma vi è in Gramsci una particolare, attualissima attenzione al mondo femminile che lo rende a suo modo unico nel panorama dei pensatori, non solo marxisti, del suo tempo. Egli mette l’accento sulla formazione di una nuova personalità femminile, scava in profondità e negli aspetti più intimi della vita delle donne, conseguentemente dei bambini e di tutti gli oppressi esclusi dalla storia .Secondo Gramsci alla donna non basta una reale indipendenza economica e giuridica di fronte all’uomo. Occorre anche la realizzazione di una nuova immagine interiore di sé e lo sviluppo di una nuova identità, di una nuova consapevolezza anche nell’esercizio della sessualità. Straordinaria modernità ed attualità.

Riferendosi al partito, Gramsci lo pensò come “intellettuale collettivo”. Oggi sarebbe un’eresia?
No. Noi dobbiamo costruire un partito popolare che sia intellettuale collettivo. Dobbiamo farlo ascoltando i tanti pensieri elaborati nelle università, nelle istituzioni e nei centri culturali, in quei peculiari centri culturali che elaborano l’esperienza condotta nel campo sociale per curare le ferite e per tirare fuori le capacità delle persone più fragili; dobbiamo farlo promuovendo, nelle modalità più diverse, attività formative sui temi di attualità ma anche sulla storia e la memoria del nostro paese, della nostra Europa e del nostro mondo. Posso testimoniare l’interesse che ho riscontrato nei giovani parlando loro della vita e dell’opera di donne come Nilde Iotti, Tina Anselmi, le 21 Madri Costituenti.

Il nuovo Pd di Elly Schlein si sta attrezzando per queste sfide?
La nuova segretaria del Pd, cui ribadisco la mia fiducia e la convinzione che si sta impegnando nel modo giusto per affrontare le sfide molto difficili di questo nostro tempo, ha ripetutamente affermato di voler dare al Pd solide radici, di riconoscere il valore delle culture politiche da cui proviene il Pd, di impegnarsi nella formazione di un pensiero politico e di voler costruire un partito radicato, popolare, che offra gli strumenti della formazione. La incoraggio ad intraprendere con determinazione questo impegno, avvalendosi dei giovani ma anche delle tante risorse che può trovare nella Fondazioni culturali che fanno riferimento alle culture politiche del Pd, alle tante competenze che animano il nostro partito. Sia coraggiosa nell’ampliare lo sguardo: troverà tante persone che vogliono contribuire a costruire la sfida di combattere la destra e di far rinascere la sinistra. Riparta dal Manifesto per il nuovo Pd, troppo dimenticato, il cui incipit molto significativamente recita “Noi crediamo che la forza di un paese stia nella forza dei suoi legami sociali”. Questo per noi è il senso profondo della democrazia: un orizzonte di emancipazione e libertà. Una promessa di giustizia sociale, inclusione ed uguaglianza da realizzare attraverso impegno collettivo.

Di fronte ad una destra fortemente identitaria il concetto gramsciano di “rivoluzione passiva” è un accostamento azzardato?
Il concetto gramsciano di rivoluzione passiva si riferisce a processi di modernizzazione operati dall’alto, con una posizione passiva delle masse. Quel processo per cui non vengono messe in discussione le parole ma le si nutre di significati diversi. Un mutamento silenzioso delle strutture istituzionali, economiche, sociali, economiche. Mutamenti morfologici della politica moderna. Quando sento la Presidente del Consiglio parlare del valore della nostra Repubblica ostinandosi a non pronunciare la parola antifascismo sento il presagio di una rivoluzione passiva, di cambiare il senso della nostra storia senza dirlo ,un esempio di quel mutamento morfologico non percepito ma che inserendosi dentro il progetto di cancellare la presunta egemonia culturale della sinistra porta alla occupazione di ogni spazio di potere ed al cambiamento di fatto delle istituzioni democratiche e delle forme in cui si esercita il potere. Esaltare il nazionalismo quando siamo immersi nel cosmopolitismo dell’economia che richiedono al contrario efficaci istituzioni sovranazionali. Considerare normali espressioni come la “sostituzione etnica” ed il valore della bianchezza a fronte di una realtà mondiale e strutturale segnata dai movimenti migratori, dalla realtà di un Europa plurale che avrà bisogno di lavoratori e dunque persone che provengono da parti del mondo in cui la composizione demografica è contrassegnata da un’elevata popolazione giovane. Usare la battaglia contro l’utero in affitto non tanto per colpire i vergognosi ed inaccettabili processi di mercificazione del corpo femminile e della maternità bensì colpire di fatto i diritti dei bambini e delle bambine. Sono capitoli che possono costruire un cambiamento dell’assetto sociale, istituzionale e culturale del nostro paese in modo corrispondente al senso comune prevalente ma il cui risvolto concreto sarà un arretramento della democrazia ,un aumento delle diseguaglianze sociali, una società solcata da barriere ,da vecchie e nuove disumanità.

Umberto De Giovannangeli

Intervista pubblicata su l’Unità dell’8 giugno 2023


“Uno zio operaio mi rese comunista nel feudo della Dc”. Intervista a Repubblica

21 Maggio, 2023 (14:09) | Interviste, Senza categoria | Da: Redazione

Correva l’anno 1970. Una quindicenne, indossando un vestito rosso, e con il cuore in gola, saliva lo scalone di un palazzo in piazza Galimberti a Cuneo, per andarsi a iscrivere al Pci. Ricordando quel momento, ancora oggi, Livia Turco si emoziona. Ministra per la Solidarietà sociale (tra il 1996 e il 2001, nei governi Prodi, D’Alema e Amato) e della Salute (dal 2006 al 2008, con Prodi presidente del Consiglio), una vita spesa per la politica, Livia Turco si racconta con grande trasparenza, mostrando anche una profonda umanità….

Leggi l’intervista a Repubblica

Pd di lotta e di governo come il mio Pci

18 Dicembre, 2022 (10:52) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco su il Riformista di Umberto De Giovannangeli — 17 Dicembre 2022

“Se il dibattito congressuale e la fase costituente del ‘nuovo Pd’ si ridurranno al posizionamento dei maggiorenti dem su questo o quel candidato alla segreteria, il Partito democratico rischia il suicidio politico”. Così Gianni Cuperlo in una intervista a questo giornale. Lei come la vede?

Condivido la preoccupazione di Gianni Cuperlo. Ho fortemente creduto e credo in una fase Costituente per animare una discussione ed una ricerca libera, schietta, che abbia protagonisti gli iscritti/e ed i tanti soggetti che sono impegnati a fare del bene alla nostra società. Questo avrebbe significato che i potenziali candidati fossero gli animatori e le animatrici di questa fase senza mettere in gioco subito la loro candidatura che inevitabilmente porta a ciò che stiamo vivendo: le persone più che il confronto sui contenuti, il posizionamento sui candidati rispetto alla pratica dell’ascolto e la costruzione di legami sociali. Ma, sono fiduciosa. Vedo compagni e compagne che nonostante la disillusione e le amarezze vogliono reagire, far rinascere la sinistra, combattere contro le politiche di questa destra che ha manifestato il suo volto di sempre. La commissione che ha il compito di stendere una bozza del Manifesto dei valori del nuovo PD, per come la sto sperimentando, è un luogo di confronto schietto ed approfondito. Tale Manifesto deve esprimere in modo chiaro le scelte che il mondo profondamente cambiato ci pone difronte.

Due dei tre candidati, al momento, alla segreteria nelle primarie del 19 febbraio 2023 sono donne: Paola Micheli ed Elly Schlein. La discontinuità è femminile?

Sono molto contenta delle candidature di Elly Schlein e di Paola De Micheli. Le ringrazio per la loro determinazione ed il loro coraggio. Dimostrano, con profili diversi, che le donne di sinistra non sono lo strapuntino degli uomini. A loro chiedo di rendere evidente la diversità della leadership femminile di sinistra, diversa dalla destra perché animata dall’ambizione di cambiare la politica, a partire dalla grave crisi della nostra democrazia rappresentativa, dimostrata tra l’altro, dall’elevato numero di persone che non va più a votare. Le donne possono diventare “l’onda d’urto” per tradurre in cambiamento sociale, politico e culturale l’intero articolo 3 della nostra Costituzione, cui tanto contribuirono le Madri Costituenti. Articolo che stabilisce un forte nesso tra l’eguaglianza di fatto, il superamento delle discriminazioni, la giustizia sociale e la costruzione di una democrazia inclusiva. Che promuove le capacità di tutte le persone, a partire da quelle fragili e ferite, per renderle protagoniste del loro riscatto sociale. Che consideri le politiche per il superamento delle discriminazioni di genere come una priorità nell’agenda del nostro paese. Per questo è importante valorizzare le leadership femminili diffuse nei territori ed in tanti luoghi sociali sollecitando la creazione di un NOI delle donne, plurale ed intergenerazionale.

Una delle parole più gettonate nel dibattito a sinistra è “identità”. Ma se non la sostanzia, resta una parola “appesa”, vuota, priva di senso politico. Provi lei a declinarla.

L’identità della sinistra che rinasce deve essere incentrata sulla costruzione di un Nuovo Umanesimo, animato dal principio della cura della vita. Che, partendo dalla lezione della pandemia del Covid-19, in cui ci siamo scoperti soggetti fragili, interdipendenti, globali, abbiamo visto messo in discussione quel pilastro del neoliberismo cui è stata subalterna la sinistra: l’ipertrofia dell’IO. Un Nuovo Umanesimo che sia scandito in modo netto dai seguenti valori e dalle seguenti politiche: l’eguaglianza della dignità delle persone; la comunità; la pace globale; uno sviluppo basato sulla dignità dei lavori, sulla dignità del lavoro di cura, sul forte investimento nei Beni Comuni-ambiente, salute, istruzione-, sulla considerazione del Welfare quale fattore di sviluppo e di crescita; la solidarietà tra le generazioni, capace di far vivere storia e memoria e di dare fiducia ai giovani; relazioni paritarie tra donne e uomini che ne valorizzi la loro differenza di genere e riconosca finalmente l’autorevolezza femminile; la società della convivenza e la cittadinanza plurale in cui si mescolano popoli, culture, religioni ed in cui alle persone immigrate vengano riconosciuti tutti i diritti sociali e politici, compreso il diritto di voto; la democrazia inclusiva che si prende cura delle persone e valorizza le loro competenze attraverso l’impegno dei soggetti sociali e di partiti politici popolari così come indicato dall’articolo 49 della nostra Costituzione. Animati da una politica “sobria”, onesta, pulita, competente, capace di guardare negli occhi le persone perché credibile. Una politica accessibile a tutti, che offra a tutti/e la possibilità si diventare classe dirigente del paese.

Enrico Letta sogna un nuovo Pd “pugnace”. Ma dopo oltre un decennio in cui l’assillo è stato la governabilità a tutti i costi, ne sarà capace? Del Pci si diceva “partito di lotta e di governo”…

Credo che il nuovo PD debba mantenere l’ambizione di governare il Paese. La partecipazione ai governi che si sono succeduti in questo decennio è in gran parte da ascriversi al periodo drammatico che abbiamo vissuto e che ha richiesto l’esercizio della responsabilità. Il problema è come si è stati al governo, quali le scelte compiute, quale rapporto tra l’azione di governo e la società. Purtroppo è prevalsa anche al nostro interno la politica come esercizio del potere, come carriera individuale perdendo il senso del partito come comunità. Credo che la sinistra potrà rinascere solo se saprà costruire una moderna politica popolare, un partito autonomo, di popolo. Si, un partito “di lotta e di governo”.

Il ritorno dell’ulivista Livia Turco

9 Dicembre, 2022 (10:52) | Interviste | Da: Redazione

Intervista a Livia Turco su L’Identità di Edoardo Sirignano - 9 dicembre 2022

 Il 25 settembre muore il campo progressista?

C’è un popolo che lo ha nell’anima ed è alla ricerca di un’efficace formazione politica che lo rappresenti. La sinistra non sono i gruppi dirigenti, ma i circoli e chi sabato prossimo sarà in piazza. Stiamo parlando di chi, nonostante disillusioni, sofferenze, ha ancora voglia di combattere. Ora, però, questa gente deve avere un’identità.

Qualcuno dice che l’interlocutore naturale è il M5S. È d’accordo?

Ciò che mi sta a cuore adesso non è Conte o Calenda. Entrambi fanno opposizione al Pd e non alla destra. Devono decidere chi è il loro nemico: chi combatte il reddito di inserimento o le persone con cui hanno governato. Il tema è ricostruire la sinistra, compresi legami sociali e territoriali. Detto ciò, è normale, che guardando i contenuti, mi ritrovo con chi difende il reddito di cittadinanza.

È stata tra chi ha promosso l’Ulivo. Cosa è rimasto di quella storia?

È stata una grande stagione di partecipazione one, che nulla ha a che a che vedere con le attuali correnti. È stato tradito un sogno.

Bertinotti dice che bisogna sciogliere il Pd. È d’accordo?

Non riesco a considerarlo autorevole. Non dimenticherò mai la caduta del governo Prodi per un voto. La storia sarebbe stata diversa se non ci fosse stato. Non riesco a ritenere degne di nota le valutazioni di chi ha commesso un errore.

Dopo cosa è successo?

Il Pd è nato male, sulla base di una fusione a freddo tra gruppi dirigenti. I dem sono altro, parola di militante. Stiamo parlando di persone che credono a un progetto e che, pur venendo da storie politiche differenti, sono presenti sui territori. Da qui bisogna ripartire. Altra aspetto da tenere in considerazione, poi, la generazione che non proviene né dai Ds, né dalla Margherita.


Cosa ne pensa della candidatura della Schlein?

La sosterrò. In una sinistra maschilista occore un colpo di reni. Quanto ha detto sabato, sono cose di sinistra. Non mi sembra la tipa che vada a trattare con le correnti. Sono invenzioni giornalistiche. Le illazioni su Franceschini sono la dimostrazione di un Paese malato. La moglie ha una sua storia. Una donna ha il diritto di avere un’autonomia, anche se è moglie di?

Quali sono gli errori commessi da chi è stato al vertice del Nazareno?

Il renzismo è stato un disastro perché ha sancito la subalternità del Pd alla cultura neoliberista, al populismo. Scegliere Marchionne anziché i sindacati è l’errore. Altro problema l’ipertrofia dell’io. L’artefice di questo processo ha un nome e cognome: Matteo Renzi.

Cosa bisogna fare in questo momento?

Rispettare il percorso congressuale.

È possibile la svolta a sinistra, auspicata da molti?

Il Pd deve ritrovare la radice di sinistra. Deve liberarsi o meglio ancora decidere da che parte stare, chi vuole rappresentare. Il coraggio delle scelte è la svolta. I dem dovrebbero stare dalla parte delle diverse forme di precariato, dell’eguale dignità della vita. Le disuguaglianze, oggi, sono reddito, diritti sociali, welfare. La sinistra è tale se sostiene che lo sviluppo si basi su beni comuni: salute, scuola, lotta alla povertà.

Il partito del lavoro potrebbe essere la strada?

Occorre una scelta netta. Se c’è lavoro, c’è accesso all’istruzione, benessere. A ciò occorre affiancare altri diritti sociali, che consentono una vita dignitosa per tutti. Non basta un nome a un partito. La priorità è che, in modo visibile, ci sia un cambiamento. Non servono proposte e analisi in Parlamento, ma frequentare i luoghi della società, guardare in faccia alle persone. Il dramma del progressismo odierno è aver dimenticato un aspetto peculiare della sua storia. Sono cresciuta con il motto, imparato nella mia 44esima sezione del Pc di Borgo San Paolo, per cui bisogna sapere tutto del quartiere in cui vivi. Altrimenti sarà impossibile recuperare la credibilità persa.

Considerando la sua esperienza al ministero della Salute, sono aumentati i problemi della sanità?

Sono molto preoccupata, a partire dal tema del personale. Quando quest’ultimo non trova più conveniente stare nel pubblico, c’è una conseguenza. Se si tornerà, poi, a un 6 per cento della spesa sul Pil, non si può stare tranquilli. Mi aspettavo una mobilitazione su questo tema. La salute, come il Covid ci ha insegnato, è un diritto individuale, un bene comune.

Cosa ne pensa della destra al governo, guidata da Meloni?

Non è cambiato nulla. Le politiche della destra sono sempre le stesse. Viene alimentata l’evasione fiscale, così viene destrutturato il reddito di cittadinanza. Con il governo Prodi, nel 1996, abbiamo introdotto il reddito minimo di inserimento.

Alle madri di Scampia, dicemmo mandate i figli a scuola e vi diamo un sussidio. Stesso discorso a Reggio Calabria. Siamo un Paese che ha una memoria corta. La relazione di Chiara Saraceno, che conservo come reliquia, contiene un dibattito che oggi sarebbe stato utile. Gentiloni dopo venti anni l’ha ripristinata. Destrutturarla, come intende fare la Meloni, è un errore. Vada a parlare con gli assistenti sociali, nei centri Caritas.

“I sussidi non bastano, bisogna potenziare gli assistenti sociali”

18 Febbraio, 2022 (10:36) | Interviste, Senza categoria | Da: Livia Turco

Intervista a Livia Turco sul Secolo XIX

Inervista a Livia Turco

“Il maschilismo si combatte con la formazione”. Intervista di Catiuscia Ceccarelli

28 Gennaio, 2021 (20:36) | Interviste | Da: Redazione

Provocatorio ma efficace il titolo del meeting online promosso dalla Fondazione Nilde Iotti nell’ambito del Centenario dalla nascita della prima Presidente donna della Camera dei Deputati (1920-2020): “Il maschilismo è ovunque!”, con un parterre di relatori autorevole e illuminante e l’introduzione di Livia Turco, presidente della Fondazione e donna politica tra le più stimate in Italia.

Uomini maschilisti e uomini femministi

Dopo i saluti della presidente della Fondazione Iotti, Livia Turco, un contributo letterario ad impreziosire il tema dell’incontro, quello della giornalista Tiziana Ferrario, autrice del libro “Uomini. È ora di giocare senza falli! (Chiarelettere). Un saggio in cui l’autrice racconta con estrema cura di dati e informazioni, frutto di un eccellente lavoro di ricerca, quanto la nostra società sia ancora preda di un maschilismo forte e predominante. Un problema sociale che si può risolvere grazie a uomini di buona volontà e dotati di intelligenza che si definiscono orgogliosamente femministi.

Contro le discriminazioni

A promuovere l’iniziativa anche la Consigliera di Pari Opportunità della Regione Umbria. Come donne e uomini possono camminare insieme per sconfiggere ogni forma di discriminazione, di violenza e di stereotipo di genere, un tema snocciolato insieme alla Consigliera di Parità Monica Paparelli, Livia Turco, Presidente della Fondazione Nilde Iotti, Lorena Pesaresi, Socia Fondazione Nilde Iotti ed esperta di politiche di genere, Marco Pareti, scrittore e redattore, Gianmarco Cesari, avvocato e Presidente Comitato provinciale di Perugia LIDU, Jean Luc Bertoni, editore e Stefano Ciccone dell’Associazione nazionale Maschile Plurale. La conduzione dell’evento è stata affidata a Giuseppe Castellini, Direttore del Nuovo Giornale Nazionale.

La nostra intervista a Livia Turco

A margine della diretta, una nostra intervista alla Presidente della Fondazione Nilde Iotti, Livia Turco:

Presidente Turco, come racconterebbe alle nuove generazioni la figura di Nilde Iotti?

La racconterei come una donna che ha avuto una famiglia semplice, papà ferroviere e mamma casalinga, che l’ha molto incoraggiata. A partire dal suo papà. Era un periodo difficile, quello fascista, ma la giovane Nilde è stata sollecitata a studiare. Una ragazza che ha conosciuto le difficoltà della vita: ha perso il padre all’età di 15 anni ma nella sua testa aveva sempre l’incoraggiamento del padre che le diceva “Nilde, studia Nilde che chi comanda sa”. Perché per far parte delle forze di governo bisogna sapere. In questa famiglia semplice, dove ha conosciuto anche le difficoltà economiche, Nilde non si è persa. Ha vinto una Borsa di Studio, si è impegnata nello studio laureandosi nel ’43 alla Cattolica di Milano. In piena guerra antifascista, seguendo l’esempio del padre, Nilde Iotti ha deciso di dare un contributo a questa lotta scendendo in difesa delle donne. Ha scelto da giovane la politica con il Partito Comunista. Nilde Iotti ha sempre vissuto la politica come sacrificio e impegno per gli altri, però anche grande passione. Membro importante e autorevole dell’Assemblea Costituente, spendendosi per la Costituzione. È stata la prima donna Presidente della Camera dei Deputati. Una donna che ha combattuto a difesa delle donne e che si è impegnata anche a costruire l’Europa.

Il centenario dalla nascita di Nilde Iotti è capitato in un anno orribile, il 2020, e prosegue in questo che non sembra essere meglio di quello passato. Quello di Nilde Iotti è un personaggio simbolo estremamente contemporaneo. Quanto manca secondo lei una personalità politica così forte, indipendentemente dal genere di appartenenza, nella società di oggi?

La politica, specialmente quella italiana, è molto arretrata rispetto ad altri paesi europei e all’America. Nel nostro Paese, il sistema politico e sociale presenta un maschilismo che disincentiva le donne ad affermarsi. La politica è cambiata, è diventata populista dove le poltrone sono importanti a scapito della competenza. L’esempio di Nilde Iotti ci riporta ad una politica popolare e autorevole: popolare perché lei era molto legata alle donne, alla gente e alle loro esigenze, e autorevole per la sua competenza e per la sua idea della politica come “attività per il bene comune”.

Al centro del meeting promosso dalla Fondazione Iotti dal titolo “Il maschilismo è ancora ovunque!” vi è il dibattito sulla parità tra uomo e donna. Questo obiettivo sembra essere ancora molto lontano nel nostro paese. Secondo lei, è possibile superare questo gap di genere divisionale?

Bisogna farlo. Se vogliamo che l’Italia cresca dal punto di vista della modernità, dello sviluppo e della vivibilità non si può mantenere una situazione in cui le donne studiano più degli uomini e trovano meno lavoro. Se fanno dei figli devono licenziarsi e vivere con una disparità salariale? È in gioco il futuro dell’Italia, non riguarda solo le donne. Ovunque resta ancora molto da fare, però l’Italia resta un Paese dove nonostante la lotta delle donne, non è competitivo. E nonostante abbiamo leggi molto avanzate, su tutti i temi. Ma le leggi bisogna applicarle e vanno tradotte in politiche. Ma in Italia manca la volontà di una decisione politica. Manca il concetto di visione politica, essere cioè consapevoli che la mancanza di asili nido, la disparità salariale, le poche donne che lavorano e il fatto che debbano scegliere tra maternità e professione, contraddice lo sviluppo. La legge sugli asili nido, ad esempio, risale agli Anni ’60, ma il problema è che bisogna considerare gli asili nido un investimento per il Paese e non delle incombenze di cui si occupano i Comuni. Il welfare non è fatto solo da trasferimenti monetari: questo non produce benessere. Possono risolvere un problema immediato ma non prendono in carico le esigenze delle persone. Anche su questo, la Legge Quadro sulle Politiche Sociali ce l’abbiamo, ma bisogna applicarla.

La Fondazione Nilde Iotti cosa mette in campo a sostegno della parità di genere? Quali sono le iniziative più importanti?

Noi abbiamo scelto di investire nella formazione. Abbiamo fatto delle pubblicazioni importanti come ad esempio “L’Italia delle donne” e in particolare i due volumi de “Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia” su cui puntiamo a fare attività formativa. Abbiamo fatto formazione sulle Madri Costituenti, non è possibile non conoscere le radici del nostro Paese. La nostra idea è formare la classe dirigente, ma poi ci sono temi di attualità che spesso affrontiamo. Dal tema delle donne immigrate alla questione tempi di vita e tempi di lavoro. Il Centenario è stata occasione per far conoscere Nilde Iotti a tanti giovani e puntare sulla formazione pensiamo sia un messaggio importante: dare una visione giusta e trasmettere valori. La forza di biografie come quella di Nilde Iotti è molto importante.

Catiuscia Ceccarelli


Articolo e intervista pubblicati su: Donna in Affari