Le donne italiane parteciparono attivamente alla Resistenza ed alla lotta partigiana.
I bombardamenti sulle città, il rapporto diretto con gli eccidi segnarono profondamente la vita di donne e uomini. Dalla compassione per le vittime, per le vite umane stroncate, dal sentimento di solidarietà verso le popolazioni e le persone colpite dalla violenza fascista scattò l’impegno delle donne. Furono in tante ad essere coinvolte direttamente nella lotta partigiana cui parteciparono svolgendo compiti diversi. Molte vissero il confine, l’esilio, i campi di concentramento, la galera.
Nel novembre del 1943 a Milano nacquero i Gruppi di Difesa delle Donne, grazie all’impegno di Lina Fibbi (PCI), di Pina Palumbo ( PSI) Ada Gobetti ( Partito d’Azione), ai quali si aggiunsero le donne cattoliche.
I Gruppi di Difesa della Donna, GDD, erano un’organizzazione aperta a tutte le donne di qualsiasi ceto sociale, credo religioso , credo politico o senza partito. Nascono con l’intento “non solo di appoggiare ed assistere moralmente e materialmente i partigiani ma anche per dare alle donne il mezzo per elevarsi nella società e portarsi all’altezza dell’uomo ed a pretenderne gli stessi diritti”. I GDD si diffusero ben presto in tutta l’Italia del Nord occupata dai Tedeschi. Sono 7000 le donne organizzate nei Gruppi. Essi rappresentano la popolazione civile che fa ingresso nel conflitto e senza i quali il movimento resistenziale non si sarebbe potuto radicare.
A Napoli, la città che per prima insorse contro i Tedeschi, nel maggio del 1944 esce il primo numero della rivista “ Noi Donne” con questo proclama “ A fianco dei combattenti, per la libertà e l’indipendenza nazionale”.
Nel giugno del 1944 , il Comitato di Liberazione dell’ Alta Italia riconosce formalmente i GDD come parte integrante della direzione unitaria della Resistenza.
Nel 1944 nascono le associazioni femminili : l’ Unione Donne Italiane L’UDI, che vede protagoniste le donne comuniste e socialiste, della sinistra ma è aperta a tutte le donne, il CIF , Centro Italiano Femminile che coinvolge le donne cattoliche. In quegli anni tra le due associazioni ci fu una forte collaborazione. Come ricorda Anna Rossi Doria nel suo libro “ Diventare cittadine. Il voto alle donne in Italia”( Giunti Editore) il 25 ottobre 1944 si costituisce su iniziativa dell’UDI il COMITATO PRO VOTO che coinvolge il CIF e tutte le associazioni femminili ed i gruppi femminili di tutti i partiti impegnati nella lotta contro il fascismo. Nei congressi che l’UDI ed il CIF svolgono nel 1945, la battaglia per il voto alle donne assume un forte rilievo e costituisce una priorità nell’impegno delle associazioni medesime.
La prima esperienza politica per le donne italiane fu la partecipazione alla Consulta Nazionale, istituita il 5 aprile 1945. I Consultori furono nominati dal governo su indicazione dei partiti.
Erano le prove generali della democrazia parlamentare e per le donne ( erano presenti in 13) un vero battesimo politico. Funzionerà fino al 1 giugno 1946.
Il suo scopo era quello di dare pareri sui problemi generali al governo e di esprimersi su questioni di bilancio ed elettorali.
La partecipazione alla Resistenza cambia la consapevolezza di se’ delle donne italiane. Cambia la loro relazione con gli uomini, con i figli e con la dimensione pubblica. Si sentono cittadine e vogliono partecipare alla vita sociale e politica. Vogliono partecipare alla ricostruzione del paese, vogliono contribuire a riscattare quell’Italia distrutta.
Per questo il voto fu una conquista e non una concessione .Tanto più se si ha lo sguardo lungo e si attiva la memoria storica che deve portarci alla fine dell’ 1800, agli inizi del 1900.
Il primo provvedimento legislativo che concede il voto alle donne fu il Decreto Legislativo luogotenenziale del 23. 1.1945 firmato dal Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi e fortemente voluto da Alcide De Gasperi e da Palmiro Togliatti. Tale decreto concede l’elettorato attivo ma non quello passivo. Esclude dal voto le prostitute, ma solo quelle visibili, mentre invece potevano votare quelle delle case chiuse. Scatta una protesta ed una mobilitazione di gruppi ed associazioni di donne in tutta Italia anche se mancò una discussione pubblica sul tema del diritto di voto alle donne.
La eleggibilità delle donne viene prevista nel Decreto n.74 del 10 marzo 1946 che recita” Sono eleggibili all’Assemblea Costituente i cittadini e le cittadine italiane che al giorno delle elezioni abbiano compiuto il 25 anno di età.”
Tra i partiti è molto forte la preoccupazione che le donne non siano interessate al voto e dunque disertino le urne.
I partito politici si impegnano con molta determinazione. Particolarmente rilevanti sono i Discorsi che il Papa Pio X II rivolge alle donne cattoliche nel 1945 “La vostra ora è sonata, donne e giovani cattoliche: la vita pubblica ha bisogno di voi; a ognuna di voi si può dire: tua res agitur!”.
La partecipazione politica ed il voto alle donne corrispondono alla strategia di ciascun partito: la Democrazia Cristiana per costruire un partito popolare e per far vivere i valori cristiani nella società; il Partito Comunista considerava con l’elaborazione di Togliatti l’emancipazione femminile, l’unità delle masse femminili e la loro autonoma partecipazione alla vita pubblica un ingrediente fondamentale della democrazia progressiva, del nuovo assetto democratico di cui l’Italia aveva bisogno. Pio XII vedeva nelle donne la garanzia per difendere i valori cattolici a partire dalla difesa della famiglia .
La paura dell’astensionismo femminile portò alla scelta del voto obbligatorio approvato dalla Consulta il 5 febbraio 1946, con parere contrario dei socialisti, dei comunisti e degli azionisti. La obbligatorietà del voto sarà poi attenuato in “ dovere civico “ nell’articolo 48 della Costituzione e nella legge elettorale del 1957, scomparirà solo nella legge elettorale del 1993.
Fu determinante la mobilitazione di tutte le associazioni femminili per coinvolgere, informare e convincere le donne ad andare a votare.
Un passa parola incessante che raggiunse le donne italiane nelle loro case, nei loro luoghi di lavoro. “Andando a parlare con le contadine, al mattino presto , perché si alzavano alle 5 , per governare gli animali nelle stalle, e poi per accudire uomini, vecchi e bambini , io e le mie amiche non trovavamo difficoltà a convincerle a partecipare. Piuttosto i dubbi e le domande erano sul come partecipare. Per noi militanti è stato molto gratificante vedere che esse comprendevano i nostri discorsi, li condividevano, si rendevano conto che il voto è il punto di partenza per una nuova partecipazione sociale e politica del paese : un diritto dovere che ci proiettava da protagoniste , nel futuro del Paese” è la testimonianza di Tina Anselmi raccolta nella sua biografia da Anna Vinci (Storia di una passione politica).
Le associazioni femminili in modo unitario promossero una propaganda metodica e capillare che risultò molto efficace come ci racconta nel suo libro Patrizia Gabrielli :“ Il 1946, le donne e la Repubblica” ( Donzelli editore).
Le donne votarono per la prima volta nelle elezioni amministrative che si svolsero nei mesi di marzo, aprile del 1946. Furono elette in 2000 nei consigli comunali. Alcune furono anche assessore e sindache.
Il 2 giugno del 1946 le donne votarono in massa : 12 milioni di donne pari all’89%, costituivano il 53% della popolazione; 11 milioni gli uomini .
Si doveva scegliere tra Monarchia e Repubblica e si dovevano eleggere i rappresentanti all’Assemblea Costituente che aveva il compito di redigere la nuova Costituzione.
Le donne diventarono propagandiste, tribune, consigliere, sindaco, costituenti nel mitico 1946.
“ Lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. Sembra di essere tornati alle code per l’acqua e per i generi razionati. Abbiamo tutte nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto al nome. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra donne e uomini hanno un tono diverso, alla pari”. (Lia Garofalo, Le italiane in Italia).
L’Italia arrivò tra gli ultimi paesi a concedere il voto alle donne, insieme alla Francia.
Ecco il quadro esatto : Nuova Zelanda 1893;Australia 1901;finlandia 1906;Norvegia 1913;Islanda 1913;Danimarca 1915;Unione Sovietica 1915;Canada 1917;Gran Bretagna 1918;Austria 1918;germania 1919; Paesi Bassi 1919; USA 1920; Svezia 1921;Portogallo 1921;Spagna 1931;Giappone 1945; Italia 1946; Francia 1946; Belgio 1948; Grecia 1952; Svizzera 1971.
Il 2 giugno furono elette per la prima volta 21 donne all’Assemblea Costituente : 9 Comuniste, 9 Democristiane, 2 Socialiste, 1 Dell’Uomo Qualunque.
Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Spano, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Nilde Iotti, Maria Jervolino De Unterrichter, Teresa Mattei, Angela Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Marina Nicotra, Teresa Noce, Ottavia Penni Buscemi, Elettra Pollastrini , Maria Maddalena Rossi.
Compito dei Costituenti e delle Costituenti era quello di definire un nuovo assetto democratico ed i valori che sono alla base della vita sociale, civile economica e politica della nazione . L’Italia era un paese distrutto dalla guerra dove migliaia di persone vivevano la fame, la povertà, vi erano sfollati e bambini abbandonati.
Le donne Costituenti dimostrano fin dall’inizio di avere un legame molto forte con il loro popolo, intendono rappresentare questa ansia di giustizia sociale, sentono l’urgenza di risolvere i problemi delle donne italiane e di definire con loro una nuova prospettiva di vita entro il nuovo assetto democratico. Avvertono l’urgenza di risolvere i problemi immediati e di definire un futuro nuovo per le donne italiane all’interno di un nuovo assetto economico, sociale, giuridico e culturale. Con loro ed attraverso di loro per la prima volta le donne, tutte le donne, hanno voce e volto nel Parlamento.
Fin dall’inizio quelle 21 donne svolgono con passione e rigore questa funzione di rappresentanza di tutte le donne italiane.
L’ansia di pace , di ricostruzione del paese, di una democrazia nuova, univa tutti gli italiani. Sono questi gli ingredienti di quello che Pietro Scoppola definisce il VISSUTO COMUNE DEGLI ITALIANI.
“Questo vissuto comune, questa memoria delle grandi prove patite, questo patrimonio etico è ciò che a mio avviso ha contribuito a tenere unito il paese , dopo la fine del conflitto armato, quando si è aperto il duro scontro politico degli anni della guerra fredda. Questo aver vissuto insieme, tutti gli italiani ed Italiane, donne e uomini , combattenti e non , un momento di ECCEZIONALE RILEVANZA MORALE è forse l’eredità della Resistenza, intesa nel suo significato profondo e comprensivo”.
Le Donne Costituenti furono peculiari interpreti di questo vissuto comune e pur avendo diverse formazioni culturali, pur essendo orgogliosamente democristiane, socialiste, comuniste, seppero costruire una formidabile alleanza tra di loro per incidere nella formulazione della Costituzione iscrivendo in essa una nuova visione della donna, dei rapporti tra donne e uomini, del rapporto genitori figli. L’eguaglianza non deve essere solo giuridica e formale ma deve promuovere il superamento delle discriminazioni, i diritti sociali, civili e politici creando le condizioni per la partecipazione attiva di tutti i cittadini e cittadine alla vita sociale e politica.
Ciascuna di loro, come potrete leggere nei ritratti scritti successivamente, aveva un bagaglio di esperienza politica e sociale formato nella lotta antifascista, era dotata di un bagaglio culturale acquisito nelle università ma anche attraverso l’esperienza sociale e politica, ciascuna aveva costruito un legame profondo con il popolo degli italiani e delle italiane e manterrà sempre tale legame nel corso degli anni attraverso l’impegno nel proprio partito, nelle associazioni femminili , culturali e professionali, nei sindacati ,nelle amministrazioni locali, nel proprio territorio.
Pur nelle differenze culturali avevano una visione avanzata della emancipazione femminile .Le donne devono essere inserite nel lavoro superando ogni discriminazione ed al contempo devono poter svolgere la loro funzione materna. Devono potersi affermare nella scena pubblica, nel lavoro, nella cultura portando la loro differenza, senza omologarsi agli uomini. Questo significava un cambiamento profondo della società a partire dall’assetto giuridico e culturale della famiglia ed il riconoscimento della sua centralità.
Le donne devono poter sviluppare tutte le loro capacità , potenzialità e talenti ed essere valutate e selezionate secondo il principio del merito e della competenza .Di qui il grande valore dell’istruzione a partire da un istruzione di base per tutti e tutte.
I valori che orientarono le nostre Costituenti furono : il valore della persona, della pari dignità, della libertà, della giustizia sociale, della eguaglianza “di fatto” per garantire a tutti un livello di benessere economico, sociale e culturale. Libertà deve essere prima di tutto libertà dalla paura e dal bisogno, dalla miseria. La solidarietà come inderogabile dovere di ciascuna persona verso l’altra e inderogabile dovere della Repubblica e delle istituzioni per promuovere i diritti inviolabili della persona.
Grazie alle Costituenti, grazie alla freschezza e concretezza de loro pensiero, alla loro ferma determinazione nel voler rappresentare la domanda di cambiamento delle donne abbiamo la formulazione avanzata di articoli cruciali della nostra Costituzione.
Mi riferisco agli articoli 3, 29, 30, 31, 37, 48, 51 della Costituzione.
Lavorarono nelle commissioni, intervennero nel dibattito in commissione ed in Aula, contribuirono alla stesura degli articoli tante volte attraverso un lavoro rimasto invisibile per convincere ed orientare i colleghi uomini.
Erano determinate ma avevano un grande senso della importanza della missione che loro competeva e grande rispetto degli uomini con cui condividevano la loro esperienza, ne riconoscevano l’autorevolezza con umiltà e gratitudine ma senza farsi intimidire. Nilde Iotti ricorda nel suo esordio e ricorderà nel corso degli anni , fino all’ultimo, la grande scuola della Assemblea Costituente, scuola che resterà insuperabile come insuperabile fu la classe dirigente che in quel luogo lavorò per il bene dell’Italia. Praticando la profondità del dialogo ,del confronto, la ricerca di punti condivisi. Perché bisognava costruire la trama di valori della democrazia italiana e questa trama doveva essere fortemente condivisa attingendo le risorse migliori da ciascuna tradizione culturale e dalle novità dirompenti come quella rappresentata dalle donne.
Fu istituita la Commissione per redigere il Progetto di Costituzione da sottoporre alla discussione ed al voto in sede di Assemblea. La Commissione era divisa in tre sottocommissioni: 1)Diritti e Doveri dei cittadini; 2)organizzazione Costituzionale dello Stato;3) Diritti e Doveri nel campo economico e sociale.
Della Commissione dei 75 fecero parte 5 donne: Nilde Iotti, Maria Federici, Lina Merlin, Teresa Noce, Ottavia Penni Buscemi.
Come ho scritto precedentemente le Costituenti hanno inciso in modo in particolare in alcuni articoli cruciali.
L’articolo 3 relativo alla concezione dell’uguaglianza.
Le donne proposero che la pari dignità sociale e l’eguaglianza fosse senza distinzione di sesso , di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali .L’ espressione di sesso era considerata superflua da molti colleghi uomini ma le Costituenti motivarono l’importanza di quella esplicitazione rammentando quanto fosse diffusa nella cultura ed anche radicata nel nostro ordinamento e nelle condizioni economiche e sociali le discriminazioni verso le donne proprio perché appartenenti al sesso femminile considerato sesso debole ed inferiore.
Nel secondo comma le Costituenti, su proposta della più giovane di loro, Teresa Mattei, proposero la parola “ di fatto “, come ha ricordato nella ricorrenza dell’8 marzo 2016 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parola cruciale che definisce il concetto di uguaglianza come uguaglianza sostanziale.
“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Gli articoli 29- 30-31 sulla famiglia
Sui temi della famiglia lavorò in modo particolare Nilde Iotti che fu relatrice insieme al Prof. Orsenigo nella prima commissione. Due relazioni per esplicitare i diversi punti di vista, i diversi impianti culturali e cercare le mediazioni per scrivere un testo condiviso. Nilde Iotti sottolineò il grande cambiamento che doveva investire questo istituto data l’arretratezza storica che sul piano giuridico e culturale aveva regolato i rapporti famigliari e la concezione stessa della famiglia.
Costituisce dunque una radicale innovazione l’ articolo 29 là dove , nel secondo comma , afferma: “ Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità famigliare”.
Altrettanto importante l’articolo 30 sul rapporto genitori figli. ”E’ dovere e diritto dei genitori, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.”
“La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.”
L’articolo 31 prevede che ”La Repubblica agevoli con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia con particolare riguardo alle famiglie numerose .Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù’ favorendo gli istituti necessari a tal scopo.”
L’articolo 31 fu elaborato in modo particolare nella terza Commissione Diritti e Doveri in campo economico e sociale dove furono relatrici Teresa Noce, Lina Merlin e Maria Federici.
La preoccupazione che muoveva tutte le Costituenti era l’eguaglianza di fatto, la previsione di chiari diritti sociali per migliorare la concreta condizione di vita delle persone. Esse definirono un nuovo welfare , basato sulla distinzione tra previdenza ed assistenza, sulla previsione di una misura economica di tutela per chi è in condizione di disoccupazione, per promuovere il diritto al lavoro, la parità salariale ,la conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare.
L’ articolo 37 sul diritto alla lavoro, la parità nel lavoro ,l’adempimento della essenziale funzione familiare
L’elaborazione di questo articolo avvenne in sede di prima e terza commissione e vide una dialettica tra le forze politiche circa il riconoscimento del diritto al lavoro, la parità uomo donna nel lavoro e “ l’adempimento della essenziale funzione famigliare” che prima era stata scritta usando la formula “missione famigliare”. Anche in questo contesto il dialogo e l’alleanza tra le costituenti portò alla stesura di un testo chiaro ancora oggi molto attuale.
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione…..”
L’articolo 48 sulla eguaglianza nella partecipazione politica
“ Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età ”
L’articolo 51 sull’accesso alle cariche pubbliche ed ai pubblici uffici
“ Tutti i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.”
Le Costituenti si impegnarono anche su altri temi come la scuola e l’istruzione, il rapporto tra la scuola pubblica e quella religiosa, sulla diffusione della cultura e per abbattere gli stereotipi offensivi presenti nella pubblicistica della dignità e del corpo femminile.
Vissero anche delle sconfitte come la bocciatura, dopo un ampia e significativa discussione, dell’emendamento proposto da Teresa Mattei , Maria Maddalena Rossi e Maria Federici , sostenuto con convinzione da tutte, in quel mirabile gioco di squadra di cui abbiamo parlato, che proponeva l’accesso delle donne alla magistratura.
In particolare va ricordato l’impegno delle Costituenti per affermare in modo duraturo e come valore fondante la pace ed una politica estera basata sulla cooperazione tra i popoli, il loro impegno ed il loro convinto sostegno all’articolo 11 “ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ….”
Le donne Costituenti ci hanno lasciato una delle Costituzioni più belle del mondo.
Hanno saputo interpretare il diventare cittadine delle donne italiane ed i loro progetti di una vita nuova.
Ci hanno lasciato una lezione vivente di bella politica: quella del bene comune, che costruisce alleanze ,è coerente ai valori condivisi, costruisce un legame costante con la vita delle persone.
Per questo esse possono e devono essere riconosciute come le Madri autorevoli della nostra Repubblica.
Livia Turco
Vai al sito della Fondazione Nilde Iotti per leggere i profili delle 21 donne della Costituente.